Bielorussia

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Egemonia
view post Posted on 23/12/2010, 12:15




Ecco una discussione di approfondimento sulla situazione in Biellorussia.


www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 14-01-06

da Trudovaja Rossija, numero 232

http://tr.rkrp-rpk.ru/get.php?1204


Avanti, Bielorussia!

Boris Gunko




Dopo la pubblicazione di un intervento di Aleksey Prigarin (“Nuove resistenti”, numero 123, www.resistenze.org/sito/te/po/ru/poru5l07.htm), proseguiamo nella rassegna di contributi al dibattito in corso tra i marxisti russi e della CSI sull’esperienza della Bielorussia, che sta per affrontare la scadenza delle elezioni presidenziali.

L’articolo che proponiamo (caratterizzato, a nostro avviso, da una visione eccessivamente schematica e semplificata del processo di transizione al socialismo, che sembra non fare del tutto i conti con le tremende difficoltà derivanti dagli attuali scenari dell’ex URSS e dalla cruda realtà dei rapporti di forza mondiali) è apparso nel giornale del Partito Comunista Operaio Russo – Partito Russo dei Comunisti (PCOR – PRC), la più importante organizzazione comunista russa (dopo il PCFR), anch’essa rappresentata nel parlamento della Federazione Russa.

Anche in questo intervento, al di là delle critiche avanzate, emerge comunque la determinazione a difendere con fermezza la Bielorussia e il suo presidente dai pesanti ricatti e dalle minacce di aggressione dell’imperialismo americano ed europeo. Una posizione ampiamente condivisa da quasi tutti i settori della sinistra dell’ex URSS.

M.G.



Dal momento della mia ultima visita in Bielorussia erano trascorsi già più di dieci anni, e molte volte avevo provato il desiderio di ritornarvi. Tanto più che sempre più frequentemente capitava di sentire che in Bielorussia non si era seguito l’esempio del capitalismo di rapina della Russia, che quasi si era in presenza del potere sovietico e del socialismo. Ecco perché, quando è stato reso noto che il presidente A.G. Lukashenko aveva invitato i giornalisti russi, e in particolare il rappresentante della nostra “Trudovaja Rossija” (Russia Lavoratrice), a visitare la Bielorussia, non ho mancato di approfittare di questa possibilità.



Non è certo cosa semplice scegliere dalla mole delle impressioni ricavate nel corso di questo eccezionale viaggio. Ma, dal momento che è necessario limitare la scelta, cercherò di fare riferimento alle questioni che più mi stanno a cuore: come si presenta la Bielorussia sul piano sociale, economico e politico, in che direzione si sta muovendo e che cosa ci si può attendere nel prossimo futuro?



La Bielorussia conserva il ricordo dell’epopea titanica del popolo sovietico. Molti segnali lo testimoniano. La conservazione di tutti i monumenti dell’epoca sovietica; la “Linea di Stalin” sotto Minsk; il fatto che il Giorno dell’Indipendenza della Bielorussia – il 3 giugno – non rappresenti un’assurdità, come in Russia, ma segni l’anniversario della liberazione di Minsk dall’occupazione nazi-fascista; e ancora, a differenza della Russia, l’inviolabilità della grande festa dell’Ottobre.



Se la paragoniamo alla Russia e agli altri paesi della CSI, la Bielorussia risulta più avanti per quanto riguarda molti indicatori economici e sociali, e per qualcuno di essi anche rispetto ad alcuni dei paesi altamente sviluppati dell’Occidente. Questo successo è stato conseguito, poiché si è consapevolmente rifiutato di procedere alla privatizzazione totale dagli effetti catastrofici e alla meccanica adozione delle ricette occidentali, e si è prestata particolare attenzione al mantenimento e allo sviluppo delle imprese d’avanguardia del settore dell’economia reale. La conseguenza di tale strategia nel periodo dal 1996 al 2005 è rappresentata dalla crescita media annua del 6,9% del Prodotto Interno Lordo, dall’aumento di 2,47 volte del volume della produzione industriale, di 2,74 volte della produzione dei prodotti destinati al consumo, di 1,23 volte della produzione agricola.



Sono state realizzate misure serie sul terreno della difesa sociale della popolazione. Tra i paesi della CSI, la Bielorussia occupa il primo posto nella capacità di acquisto del salario medio mensile e della pensione media mensile. In Bielorussia si è registrato il livello più basso di disoccupazione tra i paesi della CSI, 1,6% ( in Russia 2,1%, in Ucraina 2,8%, in Moldova 6,3% e nei paesi contigui alla Bielorussia, in Lituania 10%, in Lettonia 11,4% e in Polonia 20%). In Bielorussia c’è la più alta disponibilità abitativa tra tutti i paesi della CSI (23 metri quadrati per abitante) ed anche i tempi più veloci di messa in funzione di nuovi appartamenti.



Il sistema statale di assistenza sanitaria è basato sul finanziamento di bilancio e sulla assicurazione delle prestazioni mediche a tutti gli strati della popolazione. Nel 2005 gli stanziamenti per l’assistenza sanitaria costituiscono il 5% del bilancio, una somma superiore a quella di tutti gli altri paesi della CSI (in Russia, l’1%). Tra i paesi della CSI la Bielorussia è la prima nell’aspettativa di vita: 69 anni. Sebbene in Bielorussia la mortalità superi la natalità, a differenza della Russia tale tendenza sta subendo un arresto, e già si è raggiunto, nell’ambito della CSI, il più basso livello di mortalità infantile: 69 su 10.000 nati (116 in Russia, 95 in Ucraina). Nel 2005, gli stanziamenti di bilancio destinati all’istruzione rappresentano il 25,9%, vale a dire il 6,34% del PIL, una quota superiore non solo a quella di tutti i paesi della CSI, ma anche di paesi come USA, Gran Bretagna, Germania e molti altri.



Dalla realizzazione del Programma Statale di sviluppo 2006-2010 ci si attende una crescita del PIL del 50% in presenza di una riduzione delle spese energetiche del 30%. Alla base della crescita economica sta il sostegno statale alle produzioni di qualità, destinate all’esportazione e competitive. Già oggi la quota di produzione di macchinari di qualità rappresenta il 24%, di gran lunga superiore rispetto a quella di tutti i paesi della CSI. In virtù della realizzazione del Programma di approvvigionamento alimentare, nella crescita della produzione nel settore agricolo la Bielorussia è ai primi posti nel mondo.



Sorge una domanda: prendendo in considerazione i successi economico-sociali della Bielorussia, si può ritenere che, in questo caso, abbiamo a che fare con il socialismo o, almeno, con un orientamento socialista?. A nostro avviso no. E non solo perché i successi della Bielorussia vengono valutati sullo sfondo del crollo totale dell’economia della Russia e di altri paesi, dove è avvenuta la restaurazione del capitalismo. La pienezza del socialismo oppure la presenza di un orientamento socialista sono definiti non solo dagli indicatori macroeconomici (per cui, paradossalmente, si dovrebbe considerare gli USA il primo paese socialista). L’attributo fondamentale del socialismo è la proprietà sociale sui mezzi di produzione che opera attraverso la dittatura del proletariato, e la cui gestione si realizza sulla base di piani statali fondati scientificamente e nell’interesse della massima soddisfazione delle esigenze materiali e culturali di tutta la società (e non del profitto di determinati produttori).



Cosa abbiamo allora in Bielorussia? Nel documento ufficiale “BELARUS 2005. Situazione e prospettive dello sviluppo economico-sociale” i concetti di “capitalismo” e “socialismo” non vengono neppure menzionati. In ogni caso, il contenuto di questo documento evidenzia che nel paese è stato avviato un processo di approfondimento del capitalismo, che si differenzia da quello russo esclusivamente per i tempi meno accelerati e più cauti. “Il paese ha scelto un cammino evolutivo di sviluppo”, leggiamo. Ma in che direzione? Lo chiarisce questa frase: “Lo Stato svolge un ruolo attivo nella formazione di rapporti di mercato…”. Ciò non ricorda forse Gorbaciov, che a lungo ha utilizzato il termine “rapporti di mercato” per mascherare il concetto di “capitalismo”? Leggiamo ancora: “Dalla misura in cui verranno create istituzioni di mercato, deriverà una graduale e conseguente limitazione della partecipazione diretta dello stato ai processi economici”. Il discorso riguarda il graduale scivolamento verso il capitalismo. Uno scivolamento già in atto. Oggi il 60% della produzione industriale si realizza in imprese di proprietà privata e mista.



Naturalmente, si cerca di convincere del fatto che “la privatizzazione …non persegue scopi politici e ideologici, ma innanzitutto economici: l’attrazione di investimenti strategici, la modernizzazione e l’elevazione della capacità competitiva della produzione, la crescita dei redditi reali dei lavoratori dipendenti”. E’ evidente, però, che la privatizzazione, privando i lavoratori dei mezzi di produzione creati dal loro lavoro, persegue chiaramente scopi politici, rappresentati dalla consegna del potere reale alla classe della borghesia. Nel documento citato si afferma che il modello dell’economia bielorussa permette di combinare “l’efficienza economica con un elevato livello di difesa sociale dei cittadini”. Eccola l’ “efficienza”. Proprio quello da cui ci si dovrebbe difendere!



Nonostante la relativa morbidezza della capitalizzazione e l’aspirazione della maggioranza delle persone a conservare un punto di vista socialista, è in atto un’offensiva dell’ideologia borghese. Incontro un membro del Partito Comunista Bielorusso, funzionario dell’amministrazione presidenziale e gli sento dire che non esiste né il capitalismo né il socialismo, non ci sono mai stati e neppure ci saranno, ma può esistere solo una vita brutta e una vita buona! Gli chiedo: da cosa dipende se la vita è “brutta” o meno? Risponde: dal fatto che il padrone sia buono o cattivo.

Ecco il più semplice degli esempi. Lukashenko è indiscutibilmente un buon dirigente e un uomo onesto. Alla conferenza-stampa ha affermato: “Abbiamo 10 milioni di abitanti, ma oggi ce ne occorrerebbero 30 (manca la manodopera! – nota dell’autore), e potremmo sostentarne anche 70”. Ma se manca la manodopera, perché allora nel paese ci sono quasi 86 mila persone che non sono in grado di nutrirsi? La ragione è evidente: il capitalismo, la cui natura è basata sulla caccia al profitto derivante dalla proprietà privata. Nessun presidente potrà mai cambiare tale natura.



Ancora un esempio. Nel corso della conferenza-stampa Lukashenko ha affermato che in Bielorussia è stata assunta la decisione che prevede che un dirigente di azienda non debba percepire uno stipendio superiore di 4 volte a quello medio. Sembrerebbe un’ottima decisione, dal momento che il dirigente, per ottenere un aumento per sé, dovrebbe preoccuparsi di ottenere anche la crescita del salario degli operai. Ma, in realtà, la maggior parte delle aziende ha le caratteristiche di società per azioni, dove la fonte del reddito per i dirigenti è rappresentata non dallo stipendio, ma dal possesso della maggior parte del pacchetto azionario. In presenza di tale situazione non è certo necessario preoccuparsi della giustizia sociale.



Per qualche ragione la domanda, da me rivolta a Lukashenko, e la sua risposta non sono state pubblicate nel sito dell’amministrazione presidenziale e, di conseguenza, non sono apparse nelle pagine dei giornali. Per questo la ripropongo.



“Compagno presidente! La stragrande maggioranza dei cittadini in Russia e Bielorussia vuole la riunificazione dei nostri popoli fratelli. Inoltre, se in presenza della riunificazione verrà conservato il sistema presidenziale, la maggioranza del popolo La appoggerà. La ragione è evidente: la Bielorussia più di tutte le altre repubbliche ha mantenuto i valori materiali, sociali, morali, acquisiti nell’era sovietica. La gente vuole la riunificazione dei nostri paesi anche perché vede in questo un passo nella direzione della ricostruzione dell’URSS. Perché solo questo potrà impedire la Terza guerra mondiale, verso la quale l’imperialismo sta trascinando il pianeta.



C’è ancora un problema, persino più serio. Oggi in Russia si sta preparando un vero e proprio atto vandalico sulla Piazza Rossa. Vogliono liquidare il Mausoleo di V.I, Lenin e il Memoriale con le tombe di molti dei migliori uomini della nostra Patria. Ma questo non è solo vandalismo. E’ la testimonianza, è la dimostrazione che la Russia ha accettato senza discutere la “democrazia” americana e che non ha intenzione di battersi per la propria dignità, al contrario di quanto oggi fanno Cuba, Venezuela e Bielorussia.



Cosa pensa riguardo a tali problemi, e non Le sembra che non potranno essere completamente risolti fino a quando non ci libereremo nel mondo dal male della proprietà privata?”.



Nella risposta del presidente non è stato difficile individuare le contraddizioni del processo in corso in Bielorussia. Occorre notare che, a tal riguardo, sono in contraddizione tra loro anche le posizioni dei due partiti comunisti della Bielorussia. Uno di essi appoggia la politica di Lukashenko, affermando in particolare che il socialismo può basarsi sull’economia di mercato. E’ chiaro che tale posizione non permette di considerarlo un partito comunista. L’altro partito, invece, respinge la politica di Lukashenko, accusandolo, per così dire, di tutti i mali possibili e immaginabili.



Certo, non bisogna dimenticare che Lukashenko è arrivato alla guida del paese solo nel 1994, quando la Bielorussia, come la Russia, si trovava in una situazione di sconquasso dell’economia e dell’assetto sociale, e che proprio grazie a Lukashenko si è riusciti a non cadere nel baratro, e in seguito a riportare il paese a un livello d’avanguardia. Non bisogna dimenticare che ciò è stato fatto e continua ad essere fatto in un paese, che non dispone di proprie risorse energetiche e che deve sostenere l’assedio di un vicino reazionario, quale l’imperialismo mondiale, che non nasconde la sua rabbia per i tentativi della Bielorussia di costruire il proprio futuro in piena autonomia.



Lukashenko, nei limiti del possibile, utilizza strumenti caratteristici dell’Unione Sovietica. Ad esempio, si svolgono regolarmente Congressi Popolari, che riuniscono fino a 3 mila delegati dei collettivi di lavoro, delle organizzazioni sociali e dei partiti, dove si decidono gli orientamenti di fondo per il successivo piano quinquennale. In molti settori è conservata la pianificazione. La politica verso le minoranze nazionali in un paese, in cui abitano i rappresentanti di oltre 140 nazionalità, ha un carattere prettamente internazionalista. Nel paese assistenza sanitaria ed istruzione sono di fatto gratuite. Non è stata chiusa una sola istituzione culturale. Per alcuni aspetti la situazione in Bielorussia è addirittura migliore di quella dell’URSS. Ad esempio, nell’esercito non esiste il “nonnismo” (un’autentica piaga nell’esercito russo, nota del traduttore) e, per questa ragione, non si fugge dal servizio militare, ma vi si entra…per concorso!



In una parola, nell’attuale situazione, anche osservandola dal punto di vista di un marxista ortodosso, è difficile attuare una politica più progressista ed ottenere migliori risultati di quelli realizzati da Lukashenko. Allo stesso tempo, è chiaro che tale situazione non è destinata a durare nel tempo. La borghesia bielorussa, nelle condizioni di un seppur ammorbidito capitalismo, cercherà di rafforzare le proprie posizioni e, con l’aiuto dell’Occidente, di realizzare un colpo di Stato. Tale situazione si è già verificata in Georgia e in Ucraina. La stessa cosa era successa in precedenza con l’URSS. Per questo prima o poiin Bielorussia occorrerà scegliere: il passaggio violento al capitalismo selvaggio con la distruzione di tutto ciò che è stato realizzato, oppure uno strappo verso il socialismo.



A questo punto sorge una domanda: è possibile che Lukashenko si metta alla testa di questo processo in senso socialista? Noi affermiamo che è possibile. E’ un uomo che fino ad ora non si è dichiarato marxista, ma che dimostra onestà irreprensibile e amore per la Patria. Condizioni particolari potrebbero indurlo a scegliere la strada giusta, a diventare un rivoluzionario e persino un marxista. La storia conosce molti di questi casi. E’ successo con Fidel Castro e con Hugo Chavez e, in Russia, in una certa misura, con Lev Rokhin (popolarissimo esponente di rilievo delle forze armate, vicino ai comunisti, prematuramente scomparso, in circostanze ancora da chiarire, nota del traduttore). Vogliamo credere che Lukashenko non si limiterà ad essere un dirigente democratico progressista e che il suo popolo lo sosterrà con ancora maggiore entusiasmo di quello dimostrato fino ad ora.



Naturalmente, tutto sarebbe estremamente più semplice se il primo passo in avanti lo facesse la Russia. Ma oggi è la storia stessa ad incitare: Avanti, Bielorussia!

Traduzione dal russo a cura di Mauro Gemma
www.resistenze.org/sito/te/po/bi/pobi6a14.htm


Bielorussia: dittatura o democrazia?

25/08/2010

Una Recensione del libro di Stewart Parker: “L’Ultima Repubblica Sovietica”
Gearóid Ó Colmáin, Global Research 24 Agosto 2010


Dal pronunciamento dell’ex segretaria di Stato USA, Condoleeza Rice, nel 2008, che definì il presidente democraticamente eletto della Bielorussia, Alexander Lukashenko, “l’ultimo dittatore d’Europa“, l’immagine e la reputazione di questo nobile Paese è stato fanaticamente offuscato dai media mainstream. L’ironia qui è che la Bielorussia è in effetti profondamente a conoscenza dell’iniquità della dittatura. Essa, più di ogni altro paese, ha subito la peggiore delle atrocità naziste durante la Seconda Guerra. La Bielorussia è sempre stato un paese multiculturale con ebrei, cristiani e musulmani che vivono fianco a fianco da secoli. Tale profonda tolleranza delle differenze culturali e religiose è ancora celebrata oggi, in Bielorussia. Eppure l’Unione europea, Israele e gli Stati Uniti, non cessano mai di diffondere bugie e volgare disinformazione verso la Repubblica di Bielorussia.
La Bielorussia ha generalmente ricevuto scarsa copertura dai media alternativi e di sinistra, cosa piuttosto sorprendente, considerando il fatto che Fidel Castro ha premiato Alexander Lukashenko con l’ordine di José Martí, la più alta onorificenza conferita agli amici del popolo cubano. In una recente visita in Bielorussia, il presidente del Venezuela Hugo Chavez ha elogiato la Bielorussia come modello di sviluppo socialista, che il Venezuela dovrebbe emulare. Ma c’è una scarsità di libri e articoli su questo paese e il suo ‘controverso’ leader. Una notevole eccezione a questo vuoto proviene da Stewart Parker, che ha pubblicato un libro chiaro e rivelatore sulla Bielorussia e le politiche di Alexander Lukashenko, in particolare. Per i lettori alla ricerca della comprensione di quest’affascinante paese, L’Ultima Repubblica Sovietica: la Bielorussia di Alexander Lukashenko (2007), di Parker è un brillante saggio sulle bugie e le distorsioni provenienti dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, riguardanti ‘le violazioni dei diritti umani’ e l’assenza di ‘democrazia’ in Bielorussia. Quello che segue è un tentativo di riassumere e valutare i risultati di questo studio di valore.
Alexander Lukashenko è salito al potere dopo una schiacciante vittoria nel 1994. Ex direttore di una fattoria collettiva in epoca sovietica, Lukashenko è stato uno dei pochi politici bielorussi ad opporsi alla disgregazione dell’Unione Sovietica nel 1990. Sebbene il leader bielorusso sia sempre stato apertamente critico della corruzione dell’URSS, è rimasto marxista-leninista, e si oppose alla privatizzazione rampante proposta da Boris Yeltsin e dai suoi seguaci. Negli ultimi anni del regime sovietico, Lukashenko, allora deputato al Soviet Supremo dell’URSS, formò un gruppo chiamato ‘comunisti per la democrazia’. Lukashenko ha sostenuto che il vero problema in URSS fu il declino della partecipazione democratica e il parassitismo e la corruzione della burocrazia dominante. Ha anche auspicato una maggiore autonomia per repubbliche dell’URSS.
La Bielorussia è sempre stata la più avanzata delle repubbliche sovietiche, nelle realizzazioni in materia di istruzione superiore e scienza. Nonostante la stagnazione economica e la corruzione crescente nelle altre repubbliche dell’URSS, la pianificazione statale della Bielorussia aveva continuato a produrre risultati impressionanti, con una crescita economica continua per tutta l’era di Brezhnev. Nel 1993 Lukashenko è stato nominato a capo di una ‘commissione anti-corruzione’. Uno dei numerosi miti ripetutamente diffusi dopo la fine dell’Unione Sovietica, era che la maggioranza del popolo sovietico voleva il capitalismo del libero mercato. Questo non era certo il caso della Repubblica sovietica di Bielorussia. E’ stata la difesa dei valori sovietici di Alexander Lukashenko, insieme con le sue critiche esplicite al Partito Comunista dell’Unione Sovietica e al regime degli apparatchiki sovietici, che gli valse il rispetto e la fiducia del popolo bielorusso. Nel 1994 Lukashenko è stato eletto presidente della Bielorussia con oltre l’80 per cento dei voti.
Trovare un posto per la Bielorussia, nel caos post-sovietico, è stato un compito difficile per il giovane presidente. Una delle prime questioni in esame fu la bandiera nazionale. Il BPF, un partito nazionalista, ha voluto ripristinare la bandiera bianca, rossa e bianca del Granducato di Lituania, che era stata la bandiera nazionale sotto il regime fantoccio dell’Impero tedesco, nel 1918. Fu utilizzata anche dai collaboratori della Wehrmacht nazista, durante la seconda guerra mondiale. Il popolo, finalmente, si decise per il mantenimento della bandiera sovietica meno la falce e martello. Radio Free Europe poi, si lamentò dell’abbandono della bandiera dei kollabò nazisti, come un ‘duro colpo alle forze democratiche’.
Negli anni successivi alla caduta dell’URSS e precedenti all’ascesa di Lukashenko 15 miliardi di dollari erano stati esportati dal paese. La privatizzazione e la soppressione dei controlli dei prezzi aveva causato un’inflazione che comportò l’aumento dei prezzi di oltre 432 volte. L’economia sovietica era stata sostituita dalla mafia dei gangster. La ‘libertà’ e la ‘democrazia’ occidentali stavano prendendosi il loro pedaggio!
Attraverso una serie di referendum, Lukashenko è stato in grado di mettere in moto un programma di democrazia sociale che ha fatto della Bielorussia uno dei paesi più ricchi e meno corrotti dell’Europa orientale. Proprio come il Venezuela, una clausola nella costituzione decisa da un referendum, consente la rielezione indefinita del presidente, ove il popolo bielorusso desiderasse farlo. Oltre l’80 per cento dell’industria in Bielorussia rimane di proprietà pubblica. Nel 1996, il tasso di disoccupazione del paese era pari al 4 per cento. L’amministrazione di Lukashenko ha anche ridotto questa cifra a poco più dell’1 per cento, uno dei tassi di disoccupazione più bassi del mondo. La produzione industriale è aumentata del 9,7 per cento nel 2004. I salari sono aumentati in maniera significativa ogni anno, a partire dall’ascesa al potere di Lukashenko.
La crescita economica nella Bielorussia socialista è stato così impressionante. Persino la Banca Mondiale e il FMI hanno dovuto riconoscere questo fatto incontrovertibile. Nel giugno 2005, la Banca Mondiale ha pubblicato un rapporto dal titolo ‘Bielorussia: finestra di opportunità‘, che ha ammesso che l’economia bielorussa è stata in costante crescita, mentre il FMI ha ammesso che la Bielorussia ha aumentato i salari significativamente, mentre manteneva un basso debito pubblico. Buone notizie per la Bielorussia, cattive notizie per la Banca Mondiale e il FMI, che Lukashenko, parlando alla Duma russa, nel 1999, aveva chiamato ‘un branco di truffatori‘.
In un mondo dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri più poveri, la Bielorussia offre la reale speranza che l’economia non debba funzionare in quel modo. Secondo il sistema sviluppato dallo statistico italiano Corrado Gini, noto come il coefficiente di Gini, la Bielorussia si classifica come il paese più equo sulla terra. Il coefficiente di Gini per la Bielorussia, nel 2005, è stato 0,217, il più basso di 113 paesi. In Bielorussia, il più basso reddito è solo cinque volte inferiore al reddito più alto. Ciò significa che la nozione di ‘avidità aziendale‘ di cui si sente parlare negli Stati Uniti e in Europa, è praticamente inesistente nella Repubblica di Bielorussia. La Bielorussia è anche al vertice in materia di istruzione. L’alfabetizzazione degli adulti in Bielorussia è la più alta nei paesi CSI, col 99,7 per cento. Questo perché la Bielorussia spende più soldi per l’istruzione della maggior parte delle altre nazioni. Oltre il 10 per cento del bilancio dello Stato bielorusso va all’educazione. Questo supera tutti gli altri paesi della CSI, Stati Uniti e la maggior parte dei paesi europei. In contrasto con le democrazie ‘occidentali’ dove la sicurezza sociale viene sistematicamente distrutta per sostenere le oligarchie finanziarie, i lavoratori di sesso maschile in Bielorussia andare in pensione a 60 anni, mentre le donne vanno in pensione a 55, con diritto alla pensione completa.
Inutile dire che l’atteggiamento della nomenclatura dell’UE e degli Stati Uniti, vale a dire, dell’auto-proclamata comunità ‘internazionale’ è che la Bielorussia non è una ‘democrazia’. La disinformazione dei media ha sostenuto questa ostilità da parte delle élite europea e statunitense verso la Bielorussia, con la pubblicazione di una quantità impressionante di bugie. Alla 60° Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel 2005, il Presidente Lukashenko dipinse così l’ossessione degli Stati Uniti per i ‘diritti umani’: ‘Se non c’erano pretesti per interventi-immaginari, se ne creavano. A tal fine, una bandiera molto conveniente fu scelta, quella della democrazia e dei diritti umani, e non nel senso originario del potere dei popoli e della dignità personale, ma solo ed esclusivamente come interpretazione della leadership degli Stati Uniti’.
Al fine di promuovere l’interpretazione degli Stati Uniti dei ‘diritti umani’, il presidente Clinton inviò Michael Kozak in Bielorussia nel 2000. Kozak si è distinto nel corso degli anni ‘80 nello scandalo Iran/Contra, dove ha contribuito a organizzare la vendita di armi ai terroristi contra in Nicaragua, in cambio di cocaina, che la CIA vendeva ai per le strade di Los Angeles agli statunitensi poveri, le stesse persone povere che in seguito farà incarcerare per ‘possesso di sostanze stupefacenti’. Mentre i poveri erano costretti a produrre uniformi militari nelle carceri degli Stati Uniti, per la loro detenzione a causa della droga, Kozak è stato uno dei principali gestori da Washington di Daniel Noriega, un narco-trafficante della CIA e dittatore di Panama. Clinton aveva profonda fiducia nella credenziali democratiche di Kozak, poiché egli stesso era governatore dell’Arkansas, quando l’operazione della CIA veniva attuata. La campagna terroristica in Nicaragua, finanziata dagli USA, costò la vita a oltre 30.000 persone, la maggior parte civili. Kozak aveva le credenziali ideali per diffondere la ‘democrazia’ in stile statunitense nella Bielorussia socialista.
Al suo arrivo a Minsk, l’ambasciatore statunitense Michael Kozak, ex terrorista trafficante armi-per-droga della CIA di Clinton, ora diplomatico ‘pro-democrazia’ degli Stati Uniti, era pronto a mettersi in contatto con i suoi omologhi europei. Rappresentava l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Hans Georg Wieck. Wieck ha lavorato a stretto contatto con Kozak per trovare, in Bielorussia, i candidati dell’’opposizione’ congeniali a Washington e a Bruxelles. Quando Lukashenko ha vinto con un’altra schiacciante vittoria alle elezioni presidenziali del 2001, l’OSCE ha condannato le elezioni come fraudolente, senza produrre uno straccio di prova per corroborare tale loro affermazione.
Dopo gli attentati dell’11 settembre a New York, gli Stati Uniti h mostrarono i veri motivi dietro la ‘guerra globale al terrore‘, quando il senatore John McCain dichiarò: ‘La la Bielorussia di Alexander Lukashenko non può sopravvivere a lungo, in un mondo dove gli Stati Uniti e la Russia godono del partenariato strategico e gli Stati Uniti prendono sul serio il loro impegno per porre fine ai regimi fuorilegge, il cui comportamento ci minaccia … l’11 settembre ha aperto gli occhi sullo stato della Bielorussia come minaccia alla sicurezza nazionale’.
McCain si riferiva alla vendita di armi dalla Bielorussia al disobbedienti fantoccio della CIA, il dittatore Saddam Hussein, un’accusa negata dal Presidente Lukashenko. Qui vediamo gli Stati Uniti accusare di crimini altri paesi, mentre essi per anni hanno venduto armi al dittatore iracheno. Ma il vero crimine commesso da Lukashenko è la sua politica sociale progressista, un cattivo esempio per gli altri paesi strangolati dagli interessi finanziari dell’oligarchia globale USA; la ‘sicurezza nazionale’ degli Stati Uniti significa sicurezza dell’elite finanziaria e ‘guerra globale al terrorismo‘ significa guerra globale alla libertà. Ma gli Stati Uniti erano determinati a lanciare la loro campagna globale di terrore contro ogni Stato che osasse resistere al capitalismo da casinò. Bielorussia e Lukashenko avrebbero pagato un prezzo pesante per aver resistito al FMI e alla Banca mondiale. Nel 2004 gli Stati Uniti cominciarono a prendere provvedimenti, approvando la Belarus Democracy Act, che chiedeva sanzioni contro la Bielorussia e il finanziamento dei gruppi ‘pro-democrazia‘. La maggior parte dei gruppi di opposizione in Bielorussia, oggi, ricevono finanziamenti dal governo degli Stati Uniti, pagati in contanti dai contribuenti degli Stati Uniti. Tale finanziamento culminò quasi con la cosiddetta ‘rivoluzione dei jeans‘ nel 2006, un tentativo finanziato dalla CIA per suscitare l’opposizione popolare al governo Lukashenko, al fine di sostituirlo con un regime filo-USA. Tuttavia, a differenza dei loro vicini, in altri paesi dell’Europa orientale, i bielorussi non abboccarono all’esca degli Stati Uniti, e Lukashenko rimase al potere. Dopo il fallimento della ‘rivoluzione dei jeans’, l’UE impose il divieto di viaggio a Lukashenko e a 30 ministri, impedendo loro di fare un viaggio in qualsiasi parte dell’UE. Questo dimostra l’entità del turbamento fra l’elite europea di fronte alla democrazia popolare della Bielorussia.
Stewart Parker stila un certo numero di esempi plateali, nel suo libro, che rivelano la misura della sistematica interferenza anti-democratica, negli affari bielorussi, degli Stati Uniti e dei loro stati-vassallo in Europa. Ciò che è particolarmente ‘totalitario’ nella Bielorussia socialista, non è lo Stato bielorusso, ma piuttosto il modo in cui quello Stato è rappresentato dalle autorità cosiddette democratiche dell’Unione europea e degli Stati Uniti. Ma l’assurdità promosse dai media mainstream provengono da tutte le parti. Lukashenko è stato accusato di anti-semitismo, nonostante il fatto che la fiorente comunità ebraica nel paese non sembra essere a conoscenza di questo fatto. In realtà, il rabbino capo della Bielorussia ha lodato il presidente bielorusso per il suo appoggio della comunità ebraica, eppure l’UE, gli Stati Uniti e Israele sostengono che Lukachenko sia ‘antisemita’ e che si opponga anche alla ‘libertà dei media’.
Il governo della Bielorussia è stato anche accusato di censurare Internet e di controllare i media. Altre bugie! L’Open Net Initiative ha effettuato uno studio dopo le ‘contestate’ elezioni del 2006, per vedere se le affermazioni sulla censura di Internet fossero vere. “Non hanno trovato prova di interferenze sistematiche e globali sulla rete. Delle manomissione dirette dal regime possono avere avuto luogo in modo abbastanza sottile, causando interruzioni agli accessi, ma mai tali da spegnere il rubinetto dell’informazione alternativa.”
Un’altra calunnia contro il presidente bielorusso proviene dai ‘liberi media‘ dalla Russia. Nel 1995, il dottor Marcus Zeiner ha intervistato Lukashenko per il quotidiano tedesco Handelsblatt. L’intervista con il Dr. Martin Zeiner fu abilmente tradotta male, per includere riferimenti positivi a Hitler. Ciò è stato confermato dallo stesso intervistatore che, successivamente, ha detto che “un nastro del colloquio era stato citato fuori dal contesto e le sequenze dei commenti alterate” . La BBC continua a propagare questa bugia su Lukashenko, che serve solo a dimostrare la disperazione dei media aziendali nell’affronte leader popolari le cui politiche minacciano il loro impero della menzogna.
Il libro di Stewart Parker ‘L’Ultima repubblica sovietica’, è una guida indispensabile per un paese e uno dei leader di cui i media borghesi non vogliono che voi sappiate qualcosa. Si tratta, a mia conoscenza, dell’unico studio completo di un paese che riceve attenzione solo quando si presenta l’opportunità malevole di svolgere propaganda anti-socialista. Abbiamo molto da imparare da questo piccolo coraggioso paese, che si è sacrificato molto per sconfiggere le forze del passato fascismo europeo e quelle stesse forze fasciste che sono riemersi oggi, in nome dei ‘diritti umani‘, ‘democrazia’ e ‘libertà’. In un mondo dominato dall’ideologia dell’elite finanziaria, coloro che lottano per l’uomo e la donna comune sono abbattuti senza pietà. Alexander Lukashenko è dalla parte della democrazia, dei diritti umani e della libertà, motivo per cui i media aziendali lo chiamano ‘dittatore’.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://sitoaurora.xoom.it/wordpress/?p=173


Il fantasma di Lukashenko

Giovedì 23 Dicembre 2010 00:00

di Fabrizio Casari

Le elezioni bielorusse hanno avuto l’esito che s’immaginava. Un vero e proprio plebiscito per il presidente Lukashenko nelle urne, un vero e proprio ripudio alla sua vittoria e al suo sistema sui media occidentali. Dall’Osce al Dipartimento di Stato, fino al Cremlino, le trombe hanno squillato, per evitare che il Paese, il suo Presidente, i suoi elettori e i suoi stessi oppositori potessero risultare oggetto di analisi e riflessioni sul voto.

Lukashenko è il tipico “uomo forte”, certo poco avvezzo alla dialettica con l’opposizione; ma anche poco abituato a vederla, almeno una degna di tal nome. Ed é possibile che abbia forzato la mano, ma non ci sono notizie verificabili in questo senso, mentre gli stessi rapporti degli osservatori internazionale lo escludono.

Ma per i media e le cancellerie occidentali la percentuale vicina all’80 per cento dei voti sembrerebbe voler assegnare, di per sé, una patente di elezione truffa. Però il fatto che i candidati dell’opposizione - divisi e reciprocamente ostili - abbiano raccolto pochi punti percentuali, invece di stimolare ragionamenti sull’effettivo livello di rappresentanza dei partitini da essi fondati (e da altri sostenuti e finanziati) è sembrata la prova provata di un’elezione truccata.

Va detto, peraltro, che l’anticipazione delle elezioni era stata definita “illegale” e “da eliminare” sia dai partitini oppositori sia dall’Osce, come se il ricorso anticipato alle urne non fosse pratica consueta in tutti i paesi occidentali. Ma, evidentemente, quello che vale in Europa e Usa non può valere in Bielorussia. Perché?

E non sono certo i disordini di piazza a stabilire il tasso di affidabilità dell’opposizione; il film già visto in Ucraina e Repubblica Ceka racconta bene come certe opposizioni vengono costruite a tavolino dalla NED e quanto al tasso di democraticità dei nuovi regimi dell’Est Europa (vedi, da ultimo, il caso Ungheria, con la legge che proibisce la libera stampa) è cosa tutta da discutere.

Eppure, se si considerano le elezioni una prova del gradimento popolare delle politiche governative, se si ritiene che il voto (a maggior ragione se anticipato) possa rappresentare una sorta di referendum nei confronti del sistema e di chi lo incarna, bisognerebbe chiedersi come mai quattro giorni di urne aperte, con osservatori internazionali attenti ad ogni minimo inconveniente, producano un plebiscito governativo e riducano l’opposizione e i suoi alleati internazionali a poco.

Alla vigilia del voto, il britannico The Guardian, aveva scelto di analizzare la situazione della Bielorussia senza utilizzare le lenti deformate degli interessi di Usa, Europa e Russia verso un paese di 10 milioni di abitanti, ricco di minerali e confinante con Russia, Polonia, Lettonia, Lituania, Ucraina. Un paese sul quale l’influenza altalenante di Mosca ha prodotto problemi e vantaggi, secondo delle strategie del Cremlino e della loro variabilità per il controllo diretto e indiretto dell’area.

Ebbene, scriveva il The Guardian, in uno dei suoi reportage da Minsk: “Può qualcuno immaginarsi che un leader europeo, sotto il cui mandato gli ingressi reali della popolazione crescono in maniera notevole e stabile, visto che la crescita è attestata sul 24% nell’ultimo anno, possa essere sconfitto nelle elezioni?” “Per di più - aggiungeva il quotidiano inglese - è riuscito a tenere a bada l’inflazione e in sette anni ha ridotto del 50% il numero delle persone che vivevano in povertà, evitando convulsioni sociali grazie alla distribuzione della rendita più equitativa della Regione?

Va poi aggiunto che durante l’ultimo piano quinquennale la Bielorussia ha raggiunto risultati ancora maggiori: la disoccupazione è al livello più basso che in qualunque altro paese del mondo e sia lo sviluppo economico, sia la distribuzione equa delle rendite, hanno classificato la Bielorussia tra i dieci paesi al mondo dove la distanza economica tra le persone più ricche e quelle più povere è la minore. Perché mai, con questi risultati il popolo bielorusso avrebbe dovuto votare per l’opposizione?

Ad ogni modo, si potrà anche obiettare sulla scarsa adattabilità di Lukaschenko alla dottrina liberale; si potrà anche definirlo un dittatore, secondo gli stessi parametri, ma è evidente che il nocciolo del problema è tutto politico e riguarda l’assetto politico e costituzionale di una Repubblica presidenziale che, fuori moda e fuori dal coro, attua una politica economica pianificata e centralizzata e si definisce “socialista”. Socialista e nel cuore dell’Europa: affronto intollerabile sia per chi non lo è mai stato, sia per chi odia ormai il fatto di esserlo stato.

Ovvio quindi, che da questa parte del mondo risulta molto più affascinante il modello liberista, contro il quale ci si può opporre nei fine settimana o con qualche amaro commento su quotidiani editi da bancarottieri, attenti a criticarne le storture, al limite, ma non a riconoscerle come elemento fondativo del sistema, che invece viene reputato il migliore.

Ma perché un modello come il nostro, che fa dell’ingiustizia e dell’iniquità due peculiarità tra le più amare ed evidenti, che vive d’impunità per i potenti e privilegi per pochi, che è basato sulla corruzione e sul conflitto d’interessi, sul capitalismo assistito e sulla guerra dello stesso contro il lavoro, sulla pressione fiscale più forte a fronte dei servizi sociali peggiori, sulla selezione di classe e sulla disoccupazione strisciante, con il 50 per cento della ricchezza in mano al 9% della popolazione, dovrebbe risultare affascinante anche per chi vive ad altre latitudini? E perché mai una legge elettorale come la nostra, che regala deputati a chi non ha avuto i voti corrispettivi, dovrebbe risultare più democratica di una che assegna deputati in proporzione ai voti?

Lukashenko non è un campione di democrazia e il suo modello non è certo nemmeno auspicabile - e tantomeno riproducibile - nel cuore dell’Impero. Ma scegliere una via diversa da quella del pensiero unico, puntare sull’inclusione sociale invece che sull’esclusione e ritenere le libertà collettive quali garanzie di quelle private e non come conseguenza delle stesse, non può essere derubricato come illiberale e, dunque, dittatoriale. Invece che far squillare le trombe della propaganda, sarebbe meglio squadernare lo spartito e imparare a leggere la musica. Quella che suona la sinfonia gradita e quella che, più che stonata, appare sconosciuta.
http://www.altrenotizie.org/esteri/3695-il...lukashenko.html


Ristabiliamo la verità su Aleksandr Grigor'evich Lukashenko

Chi è veramente Aleksandr Grigor'evich Lukashenko? E' il "Presidente" o il "dittatore" della Bielorussia? I circoli politici occidentali e nord americani aderiscono chiaramente a quest'ultima chiave di lettura, e ad essi ovviamente si uniformano i mass media, subito pronti a presentare l'uomo che governa la Bielorussia dal 1994 come "l'ultimo dittatore d'Europa". Al riguardo Javier Solana, ex ministro socialista, Segretario Generale della Nato e guida diplomatica dell'UE dal '99, dice: "l’Ue non desidera isolare la Bielorussia. È Lukashenko che sta isolando il paese", oppure: "i bielorussi si meritano di meglio". E nel frattempo Solana si occupa di blindare tutti i confini con la Bielorussia con l'ingresso nella NATO e l'installazione di missili e basi in Polonia, e successivamente nei tre Stati baltici. Javier Solana è il proconsole della NATO nell'Unione Europea. La Bielorussia diventerà la punta avanzata della Russia verso l'Europa: ecco perchè bisogna contenerla in tutti i modi. I "grandi" dell'Occidente le hanno provate tutte: hanno cercato di alterare le elezioni a Minsk ricorrendo alla PSB, come hanno già fatto in Ucraina e Venezuela, e hanno fallito. Ora passano alle vie militari, e trasformano l'Europa Centrale in una nuova trincea pronta per la guerra fredda del ventunesimo secolo. Ecco perchè Lukashenko è la bestia nera dei politici europei occidentali e americani!

Ma passiamo a cenni più biografici: Lukashenko è nato il 30 agosto 1954 nel villaggio di Kopyc', provincia di Orsha, regione di Vitebsk; è cresciuto senza il padre, e fin da ragazzo ha avuto sulle sue spalle il peso della famiglia. Successivamente si è sposato e ha avuto due figli, Viktor e Dmitrij, e ha conseguito due lauree: una di Storia nel 1975 presso l’Università Statale di Mogilev "A.A. Kuleshova" e una di Economia nel 1985 presso l’Accademia Bielorussa di Agricoltura. Lo sport e l'agricoltura sono le sue due passioni principali, e nel tempo libero si dedica alla ginnastica e all'orto. Negli anni 1975-77 e 1980-82 ha svolto il servizio militare nelle guardie di frontiera e nell’esercito sovietico. Quindi nel 1978-79 e nel 1982 ha lavorato in vari organismi, per poi entrare nella sfera dell'attività economica occupando varie posizioni in imprese dell’industria dei materiali da costruzione e del complesso agro-industriale della Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia. Passano gli anni e arriva la perestroijka di Mikhail Seerghevic Gorbaciov: viene fondata la Camera dei Deputati, di cui diviene membro a partire dal 1990, e quindi passa al Soviet Supremo della Repubblica Belarus, resasi nel frattempo indipendente dopo lo scioglimento dell'URSS e la messa al bando del PCUS seguita al fallito golpe dell'agosto 1991. Sono anni difficili per tutti i paesi post-sovietici: dilagano la criminalità e la corruzione, il tenore di vita si abbassa quotidianamente in un quadro economico sempre più precario; Lukashenko ottiene allora grande popolarità guidando con energia e rigore la Commissione del Soviet Supremo per la Lotta alla Corruzione, dall'aprile 1993 al luglio 1994; sarà il trampolino di lancio per la Presidenza della Repubblica, che vincerà con l'80% dei voti contro altri cinque candidati nelle convulse elezioni bielorusse del 10 luglio 1994. La Bielorussia deve essere ricostruita praticamente da cima a fondo: il lavoro che lo attende è semplicemente mostruoso. Il paese ricalca sostanzialmente i confini della Polonia pre-1914, dal punto di vista dell'identità nazionale non si sente nè carne nè pesce, e lo ha dimostrato chiaramente proprio in quel 1991 che segnò la fine dell'URSS, quando la Bielorussia seguì stancamente e con poca convinzione il moto politico tanto turbolento in Ucraina e negli Stati baltici che rivendicava l'indipendenza da Mosca. Economicamente non ha risorse proprie, e si avvale di un'industria di trasformazione che dipende dagli altri paesi ex sovietici, i quali ormai seguono ciascuno la propria strada; la Russia di Eltsin si disinteressa del suo piccolo vicino, preferendo rapportarsi con i ricchi paesi europei ed asiatici, e d'altra parte ha già troppi problemi per conto proprio per far beneficenza a Minsk. I bielorussi devono tirarsi su le maniche, anche se Minsk è sempre stata, per tutti, e in parte lo è tuttora, "l'ombra di Mosca". Lukashenko si mette subito al lavoro e sforna in pochi anni un nuovo Stato di diritto, abbandonando la vecchia Costituzione brezneviana del 1978 con un nuovo testo costituzionale approvato dalla popolazione con i referendum del '95 e del '96; viene stabilito il bilinguismo, con l'adozione a livello statale del russo e del bielorusso; viene introdotta l’attuale bandiera rosso-verde con la decorazione verticale sul lato sinistro, riprendendo quindi, la bandiera dei tempi della repubblica sovietica, e viene introdotto l’attuale stemma della Repubblica, ma soprattutto si inizia il lento lavoro diplomatico che troverà poi ascolto al Cremlino quando allo screditato Eltsin subentrerà Vladimir Vladimirovic Putin: l'unione politica tra Russia e Bielorussia, che gli frutterà il titolo di Presidente del Consiglio Statale Supremo dell'Unione degli Stati di Belarus e Russia. Il popolo bielorusso sembra apprezzare la politica del suo presidente: il 7 ottobre 2001, con elezioni monitorate da osservatori internazionali, Lukashenko viene riconfermato con il 75,65% dei voti, e questo pure a fronte di una notevole riduzione dell'astensionismo elettorale, che nel '94 era stato pari quasi alla metà dell'elettorato.

Il suo stile presenta sì connotazioni autoritarie, meglio sarebbe dire paternalistiche, che lo fanno rassomigliare ai presidenti retorici e populisti dell'America Latina; e lo ammette sottolineando come in un paese qual'è la Bielorussia, priva di un'identità forte, con una struttura economica e sociale spezzata e indebolita dal crollo sovietico, serva un capo di Stato carismatico in grado di rassicurare la popolazione e di difendere il paese dall'aggressione dei capitali stranieri, che negli altri Stati ex socialisti hanno dimostrato più un'intenzione di vassallaggio e di rapina che di beneficenza, costringendo le classi politiche a privatizzazioni selvagge, ad eliminare sanità ed istruzione pubblica, con ripercussioni drammatiche sul tenore di vita sociale: "È necessario avere il controllo della situazione, e per far ciò bisogna fare di tutto per non rovinare la vita della popolazione". Lukashenko è odiato dall'UE e dagli USA perchè non ha aperto l'economia del suo paese alle speculazioni delle loro aziende, tenendo alla larga la banca mondiale e il FMI dalla Bielorussia, come è invece successo in Romania, in Ucraina, in Russia, dove la popolazione è stata ridotta alla fame e l'industria è stata fatta arrugginire.

E i risultati in Bielorussia infatti si vedono: le sue parole e il suo atteggiamento umile sembrano aver avuto effetti positivi sul Paese; il tasso di disoccupazione è fermo al 2%, e il tasso di crescita del Pil si eleva al 7,8 %. Lukashenko, cinquantadue anni, parla schiettamente ed è considerato uno del popolo. È conosciuto e amato dai suoi sostenitori come Bat’ka, letteralmente il "padre". Proviene dal mondo rurale, in passato è stato vicepresidente di una cooperativa agricola, e i suoi legami con quel settore sono ancora forti: nel 2003 costrinse alle dimissioni il premier Gennady Novitsky per non aver pagato gli stipendi arretrati ai lavoratori agricoli. Le sue maniere forti verso la borghesia dei nuovi ricchi lo hanno reso benvoluto da parti cospicue della popolazione. Considerando che il 95% dei terreni agricoli è di proprietà statale, è forse questo il motivo del suo interesse nel settore? Con un esile 14% della popolazione impiegato nell’agricoltura, e un Pil proveniente dal questo campo solo dell’11%, non dovrebbe forse diversificare gli investimenti? Ma il papà di tutti i bielorussi ha pensato a un diversivo: lo sport. "Cinquantamila tifosi mi aspettano" – ha detto Lukshenko a proposito della propria presenza a un’importante partita di calcio – "Non posso deluderli". Una scusa, questa, per non incontrare Leni Fischer, rappresentante del Consiglio d’Europa, in occasione di una sua visita a Minsk nel 2003. Il suo amore per lo sport, in particolare per l’hockey su ghiaccio, è un’altra faccia di quest’uomo del popolo, che può essere riconosciuto con la sfilza di piste da hockey che ha fatto costruire nelle principali città della Bielorussia.

Lukashenko rivendica di essere stato il solo deputato del parlamento bielorusso a votare contro la ratifica dell’accordo del dicembre 1991 che dissolse l’Unione Sovietica, e costituì, al suo posto, la Comunità degli Stati Indipendenti; per questo motivo fin da subito ha cercato di promuovere un surrogato dell'URSS che permettesse agli Stati ex sovietici di difendersi meglio nello scacchiere internazionale, sia economicamente che politicamente, cosa che anche nel resto del mondo è stata capita perchè Gheddafi in Africa lotta per la fondazione degli Stati Uniti d'Africa, in Sud America Chavez vuole fare altrettanto e in Europa la creazione di un organismo politico unico procede speditamente. Nel momento in cui al Cremlino è arrivato Putin, è decollato il progetto di unione fra Russia e Bielorussia, alla quale avrebbe dovuto partecipare l'Ucraina - operazione poi non andata in porto a causa della Rivoluzione Arancione promossa dalla CIA, e sono iniziate le operazioni per il rafforzamento della CSI, che fino ad oggi è stata un organismo fin troppo evanescente.

All'estero la propaganda mediatica offre un'immagine della Bielorussia come paese in rovina, oppresso da un sistema economico statalista di matrice neosovietica che sottrae troppe risorse per uno Stato sociale insufficiente; al contempo magnifica le riforme liberiste compiute negli altri paesi ex socialisti, in cui si muore di fame, sostenendo che l'economia fa passi da gigante. Lo stesso gioco viene ripetuto per la Russia, per Cuba, persino per il Venezuela di Chavez: ma la realtà dei numeri è completamente diversa. Nel corso della presidenza di Lukashenko, dal 1995 al 2003, il prodotto interno lordo è cresciuto del 59,3%. Nello stesso periodo, in Russia è aumentato del 27,7%, in Ucraina dell’11,4% e in Moldavia del 7,3%. In generale, dal momento in cui la Bielorussia "è sprofondata in un buco economico", come sostengono gli osservatori americani, i ritmi di crescita del PIL sono stati superiori a quelli dei paesi citati, rispettivamente 2,1 , 5,2 e 8,1 volte. Nei principali indicatori economici, la Bielorussia ha preceduto tutti i paesi della regione baltica e dell’Europa Orientale. I ritmi di crescita del PIL sono stati superiori da 1,7 a 8,2 volte rispetto a quelli di Polonia, Ungheria, Cechia, Bulgaria e Romania. Per dirla tutta, è tale crescita dell’economia ad aver rappresentato una delle carte vincenti di Lukashenko, che ha visitato decine di aziende, cooperative, fattorie statali e i resoconti di tali visite hanno rappresentato il migliore materiale di propaganda. L’opposizione democratica ha tuonato: Lukashenko utilizza le risorse amministrative. Ma qualcuno dei commentatori ha obiettato, non senza ironia: Eltsin (che si è pronunciato apertamente contro il referendum che ha permesso a Lukashenko la rielezione, curiosamente come è avvenuto in Venezuela con Chavez) non disponeva certo di queste “risorse”, o meglio di basi economico-sociali. Non poteva pensare a un terzo mandato, visto che non è stato in grado di concludere nemmeno il secondo. Ma la Bielorussia non ha migliorato solo gli indici macroeconomici. Il salario medio ha raggiunto i 190 dollari al mese. Per volume di edilizia abitativa, destinata a migliaia di abitanti, la repubblica ha superato tutti i paesi della CSI e la maggior parte di quelli dell’Europa Orientale. Prima dei vicini, essa è uscita dalla crisi ed ha accresciuto la produzione nell’agricoltura. Più di altri paesi, ha destinato finanziamenti alla scienza, alla cultura, all’assistenza sanitaria… Questi sono i risultati di un sistema economico in cui l'uomo è la priorità e non il materiale eccedente: è il contrario del neoliberismo che ha distrutto le economie di tanti paesi nei cinque continenti.

E cosa proponeva l’opposizione bielorussa? La copia esatta delle ricette, in base a cui è stata distrutta l’economia nello spazio postsovietico. E prima di tutto, la privatizzazione massiccia e "la rimozione dello stato dalla sfera economica". Questa opposizione ha appoggiato con calore la cinica affermazione di Boris Nemtsov (uno dei leader dell’ultraliberista “Unione delle forze di destra” russa) accorso nella repubblica "in soccorso" di coloro che si stanno battendo contro l’attuale corso politico: "Si aprirebbe un’era felice per la Bielorussia, se qualcuno la comprasse". Anche l’ambasciatore USA a Minsk, in sostanza, sostiene la medesima posizione. Parlando a proposito della politica americana di investimenti in Bielorussia, ha affermato: "Se si controlla un’azienda, in cui si è investito, il rischio è minore, in caso contrario, è maggiore". Sebbene espresso diplomaticamente, il senso appare questo: cerchiamo di ottenere la svendita dell’economia della repubblica. E proprio il fatto che Lukashenko non abbia svenduto la Bielorussia né all’Occidente, né agli oligarchi russi, rappresenta una delle ragioni fondamentali del sostegno che gli ha manifestato il popolo e dell'ostilità che gli viene dalle élites politiche ed economiche occidentali.

Un certo ruolo è stato esercitato anche da un altro fattore. Nelle penultime elezioni presidenziali, nel 2001, in Bielorussia aveva lavorato un gruppo di osservatori dell’OSCE. Non occorre aggiungere nulla, sul grado della loro obiettività e sulla regolarità del loro operare, a quanto si ricava dalle fonti della torbida opposizione “democratica”, le quali attestano che essi si sono immediatamente dileguati, cominciando a lavorare nell’ombra. Nel frattempo si sono consumate le false rivoluzioni democratiche in Kirghizistan, Georgia e Ucraina, sostenute dalla CIA e dal Dipartimento di Stato USA a suon di milioni di dollari e sondaggi falsi della PSB, secondo una procedura che avremmo dovuto vedere atturarsi anche in Venezuela pochi giorni fa. Questa volta, però, sufficientemente istruiti dall’esperienza del passato, i bielorussi hanno invitato osservatori indipendenti da 50 stati, ed anche da strutture e organizzazioni internazionali, come la CSI e l’Assemblea parlamentare dell’Unione di Bielorussia e Russia. E tutti – gli osservatori provenivano da Austria, Inghilterra, Polonia, Slovacchia, USA, ecc. – hanno concluso che le elezioni e il referendum si sono svolti nel rispetto delle norme democratiche. Ovviamente però questo i media occidentali, egemonizzati dai circoli politici ed economici USA ed UE non potevano riferirlo, e così tutti hanno creduto che Lukashenko avesse truccato le elezioni. In compenso, tutti in Bielorussia sanno che gli occidentali hanno truccato i telegiornali.

Nel corso del vertice ONU del 15 settembre 2005 Aleksandr Lukashenko ha tenuto un discorso che fa capire il perchè degli attuali, ostili, rapporti internazionali tra il fronte progressista e multipolare rappresentato dalla Bielorussia e quello imperialista e unipolare egemonizzato dagli USA. Ne riporto alcuni stralci, ma lo potete trovare completo a questo indirizzo: http://bloglimes.blogspot.com/2006/03/prop...lukashenko.html

"Belarus è un paese simile alla maggioranza di quelli che sono rappresentati in questa sala. Emersa dalle macerie della "guerra fredda", Belarus ha operato per diventare uno stato scientificamente e tecnologicamente avanzato, con una popolazione di dieci milioni di cittadini altamente istruiti e inclini alla tolleranza. L'ONU ci ha inserito tra i paesi avanzati con un alto livello di sviluppo umano.
Come voi, dal pianeta non esigiamo nulla di più che pace e stabilità. Il resto lo creeremo da soli con i nostri sforzi.
Nel mio paese non ci sono conflitti. Differenti nazionalità e etnie coesistono pacificamente in Belarus, praticando ognuna la propria religione e il proprio stile di vita.
Non creiamo alcun problema ai nostri vicini, non avanziamo alcuna rivendicazione territoriale, non cerchiamo di influenzare la loro scelta della via di sviluppo.
Abbiamo consegnato le nostre armi nucleari e volontariamente abbiamo rinunciato al diritto di successore nucleare dell'URSS."

"Abbiamo creato una solida e soddisfacente unione con la Russia nostra vicina.
Noi costruiamo il nostro paese con le nostre intelligenze, basandoci sulle nostre tradizioni.
Ma dobbiamo constatare che proprio questa scelta del nostro popolo non piace a tutti. Non piace a coloro che aspirano a governare un mondo unipolare.
E come lo governeranno?
Se non ci sono conflitti, li creeranno.
Se non ci sono pretesti per l'ingerenza, ne creeranno di immaginari.
Per ottenere ciò, è stata trovata una bandiera molto conveniente: democrazia e diritti dell'uomo. E non nel loro significato originale di potere popolare e dignità personale, ma solamente ed esclusivamente nell'interpretazione dell'amministrazione USA.
Forse che il mondo è veramente diventato così bianco e nero, privato delle sue diversità di civiltà, di tradizioni multicolori e di stili di vita che rispondono alle aspirazioni dei popoli?
Naturalmente no! Molto più semplicemente questo è un conveniente pretesto e uno strumento di controllo su altri paesi.
Purtroppo, l'ONU, che appartiene a tutti noi, permette che la si utilizzi come strumento di tale politica. Dico questo con particolare amarezza e pena come Presidente di uno stato-fondatore dell'ONU, di uno stato che nella Seconda guerra mondiale ha visto sacrificare la vita di un terzo del suo popolo per la libertà propria, dell'Europa e del mondo.
La Commissione per i diritti dell'uomo emette continuamente risoluzioni su Belarus, Cuba e altri paesi. Vengono fatti tentativi per imporre tali risoluzioni anche all'Assemblea Generale dell'ONU.
Ma come possono le Nazioni Unite concentrarsi su "problemi" immaginari, quando sono incapaci di vedere i veri disastri e catastrofi? Quelli che nessun altro oltre l'ONU in quanto comunità delle nazioni civili potrà risolvere?"

"Tempo fa, nella sala vicina alla nostra sono state mostrati grafici e mappe per dimostrare la presenza di armi di distruzione di massa in Iraq. Ma dove sono quelle armi?
Esse non esistono. Allo stesso tempo, l'Iraq è sommerso dal sangue, devastato, mentre il suo popolo è piombato nella più profonda disperazione. E i terroristi minacciano l'utilizzo di armi di distruzione di massa contro le città d'Europa e d'America."

"Si sta forse svolgendo un processo aperto e indipendente dei prigionieri di Guantanamo sotto la supervisione dell'ONU? Quanti sono questi prigionieri e chi sono?
Chi difenderà i diritti delle vittime di Abu Graib e punirà tutti i loro torturatori senza eccezione?
L'Afghanistan è stato distrutto con missili e bombe con il pretesto di trovare Bin Laden. E' stato forse catturato il "terrorista numero uno" del mondo? Dove si trova ora?
Come prima è in libertà, mentre i territori di Afghanistan e Iraq hanno cominciato a generare terroristi internazionali a centinaia e migliaia.
Truppe straniere hanno occupato l'Afghanistan indipendente, ma la produzione di droghe è cresciuta di dieci volte. Non era questo lo scopo dell'ingresso nel paese delle truppe?"

"L'AIDS e altre malattie stanno devastando l'Africa e l'Asia.
La povertà e l'indigenza sono diventate una reale e non virtuale arma di distruzione di massa, per di più selettiva dal punto di vista razziale.
Chi potrà porre fine a tutto ciò?
Chi esigerà che gli USA pongano termine alle loro minacce a Cuba e Venezuela? Questi paesi devono determinare in modo indipendente il loro modo di vita.
Il traffico delle persone è diventato un affare fiorente. La schiavitù sessuale delle donne e dei bambini è considerata un fatto ordinario, quasi una norma di vita. Chi li difenderà e porterà davanti alla giustizia i consumatori di "merce viva"?
Come farla finita con questa vergogna della nostra civiltà? Questo è il sintetico e sconfortante bilancio della transizione a un ordine mondiale unipolare.
E' per questo che è stata creata l'ONU?
Non è venuto il momento per l'ONU di porre fine agli scandali interni dovuti alla corruzione e di occuparsi effettivamente dei dolori e delle miserie del mondo? La risposta a questa domanda, a nostro avviso, è chiarissima.
Non dobbiamo nascondere la nostra testa nella sabbia.
L'ONU siamo noi.
Insieme dobbiamo prendere nelle nostre mani il destino del pianeta.
Insieme dobbiamo capire che il mondo unipolare è un mondo unidirezionale, un mondo a una sola dimensione.
Insieme dobbiamo avere consapevolezza che la diversità delle strade verso il progresso è un valore durevole della nostra civiltà, il solo che possa assicurare la stabilità nel mondo.
Il diritto alla scelta della strada di sviluppo è la condizione essenziale per garantire un ordine mondiale democratico. E' per questo che è stata creata la nostra Organizzazione.
Spero che anche i potenti del mondo lo comprendano. Altrimenti, il mondo unipolare alla fine gli si rivolterà contro. Lo compresero anche i grandi presidenti USA Woodrow Wilson e Franklin Roosevelt, che piantarono le radici della Lega delle Nazioni e dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Se troveremo un accordo sulla questione essenziale, allora realizzeremo i principi del multipolarismo, della diversità e della libertà di scelta anche nella vita concreta e nei documenti dell'ONU, a cui ci dovremo conformare. Noi difenderemo il mondo dal terrorismo, e i deboli, le donne e i bambini dalla schiavitù. Assicureremo una difesa a tutti gli indifesi.
Allora l'ONU sarà veramente l'organizzazione delle nazioni unite. In ciò è riposta l'essenza della riforma dell'ONU, non nell'incremento aritmetico dei membri del Consiglio di Sicurezza."


Chi parla così davanti agli americani, difficilmente potrà farsi ben volere da loro.
http://filippobovo.spaces.live.com/blog/cn...D!790.entry


www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 12-02-06

da www.altrenotizie.org - 09 Febbraio 2006

Le idi di marzo di Lukascenko




di Carlo Benedetti

Dopo il crollo dell'Urss e la dichiarazione d'indipendenza dell'agosto del 1991, la Bielorussia si è trovata al centro di una "guerra politica" concentrata sui problemi della transizione e della formazione dei nuovi gruppi dirigenti. Ed ora un appuntamento, sicuramente decisivo, è quello delle prossime elezioni presidenziali fissate (con provvedimento "urgente") per il 19 marzo. Una data che l'opposizione contesta perché avrebbe voluto una convocazione più lontana - la fine di luglio - tale da permettere una preparazione più meditata e un tempo più lungo per la propaganda elettorale. La decisione in ogni modo è stata presa e dalle urne di marzo dovrà uscire il nuovo Presidente. Che è, attualmente, Aleksandr Lukascenko il quale, in carica dal 1994, trova ampi consensi a livello popolare (viaggia in continuazione per il paese, incontra la gente, ascolta le loro lamentele, punisce chi approfitta delle proprie mansioni) e appoggi "politici" ed "economici" dalla madre-Russia, grazie anche ai buoni uffici di Putin e di molti esponenti della vecchia nomenklatura sovietica che apprezzano il suo rifiuto delle ricette riformiste ed il suo populismo, che lo rende leader nello scontro con l'Occidente.

L'opposizione contro la sua leadership, comunque esiste e pur se non trova (per ora) vasti consensi, opera comunque sviluppando feroci attacchi alla presidenza. E’ un’opposizione forte soprattutto (lo ha rivelato senza mezzi termini il The Christian Science Monitor (riferendosi al Belarus Democracy Act, la legge con cui gli Usa hanno tagliato l'assistenza economica al Paese) di finanziamenti di milioni e milioni di dollari che vengono d'oltreoceano; tutti elargiti alle organizzazioni che si battono contro Lukascenko "per costruire la democrazia in Bielorussia". E tra i beneficiari di questa valanga di dollari c'è quel movimento (il più attivo) che guida la rivolta anti-Lukascenko: si chiama "Comitato nazional-democratico" ed è guidato da Anatolij Lebel'ko. Costui è un personaggio che naviga nell'anticamera della grande politica e che trova appoggi in ambienti economici occidentali. Si caratterizza per i suoi toni grotteschi e per un lessico colorito.
Altra figura del complesso mosaico del "no" è Aleksandr Milinkevic il quale, appoggiato da alcuni schieramenti che si autodefiniscono "democratici", si considera già vincitore della prossima consultazione prevedendo per Minsk una sorta di fase "arancione"; una sorta di riedizione locale delle proteste ucraine che portarono alla vittoria, a Kiev, dell'anti-russo Juscenko. Segue, nella galassia dell'opposizione, Sergej Gajdukevic, leader del "Partito liberal-democratico": un populista che sta impegnandosi in una battaglia accanita, presentandosi all'opinione pubblica come "ideologo" della lotta alla gestione di Lukascenko.
C'è poi, in questo variegato cartello, anche Aleksandr Kozulin, che è il segretario del "Partito socialdemocratico" e che annuncia di voler cambiare "il caos in ordine". Infine, un alto funzionario del ministero degli Esteri come Petr Kranceko, che ha alle spalle una permanenza in Giappone in qualità di rappresentante del suo Paese. Ma si tratta di un diplomatico apertamente poco diplomatico, che all'arma del colloquio e del dibattito preferisce la piazza urlante.

Questo, quindi, lo scenario dei "no". Sul quale pesa l'atteggiamento negativo della vicina Polonia e dei suoi circoli reazionari. Varsavia, infatti, con la sua "politica orientale", mantiene una linea fredda nei confronti di Minsk. E i partiti polacchi, nati da Solidarnosc, appoggiano l'opposizione a Lukascenko.

Dall’altra parte il fronte che sostiene il Presidente, che si compone ovviamente delle diverse forze (comunisti compresi) che si sentono rappresentate da Lukascenko, vera e propria figura centrale della vita politica bielorussa. Uomo d'azione, personaggio difficile, tormentato e complesso che però cerca sempre di caratterizzarsi con il decisionismo, recuperando in ogni momento i temi della tradizione popolare. E, soprattutto, facendo uno sforzo per aggiornare sempre le sue posizioni sull'ora di Mosca.

Ecco perché è giusto porsi alcuni interrogativi sulla figura del presidente contro il quale certi ambienti occidentali (Usa e Germania in testa) scatenano polemiche, avanzano accuse d'ogni tipo, minacciano sanzioni. Cominciamo da George W.Bush che considera Lukascenko "l'ultimo dittatore d'Europa". Questo perché il leader bielorusso non ha mai rotto i ponti con la tradizione sovietica e con la stessa costruzione dell'Urss: anzi, rivendica in ogni occasione l'unità con Mosca. Non solo, ma a differenza della Russia, dimostra un approccio diverso e ragionato alla riforma della propria economia: senza una privatizzazione di rapina, con un ruolo attivo dello Stato, mantenendo il settore agrario. Ma gli americani insistono e accusano Minsk (che, tra l'altro, è anche la capitale dei paesi della Csi) di violazioni dei diritti umani e di attacchi alla libertà di stampa presentando il Paese, di fatto, come un "potere autoritario". Per Condoleeza Rice, Minsk fa parte degli "Stati canaglia" con i già noti Iran, Iraq e Corea del Nord. Di Lukascenko dice che governa con il "pugno di ferro" e che è il regista di una serie di "rapimenti" di dissidenti.

In pratica i propagandisti americani (Cia in testa, ma con forti appoggi dell'israeliano Mossad) mettono in atto la stessa campagna che utilizzarono nell'Urss prima dell'avvento di Gorbaciov e della conseguente fase della perestrojka. C'è, quindi, un preciso disegno che punta alla disgregazione della leadership di Lukascenko pur sapendo che il personaggio gode di grandi appoggi popolari soprattutto nel mondo delle campagne, dove gli agricoltori gli sono grati per non aver sospeso le loro pensioni che risalgono all'epoca sovietica.... Ma il "difetto" del presidente - notano molti commentatori ispirati dalla Casa Bianca - consiste anche nel fatto che non ama l'occidente, non si sente anticomunista né antisovietico. E che non vuole eliminare le strutture dell'economia socialista e, di conseguenza, non è disposto a seguire le leggi del mercato occidentale. Lukascenko viene anche accusato - sempre dall'occidente - di voler distruggere l'identità bielorussa attraverso una sorta di unione con la Russia e di puntare ad essere il paladino dell'opposizione all'estensione della Nato ad Est. E ancora: un altro motivo dell'isterìa antibielorussa trova le sue basi nella stizza per la mancata riuscita di quel "brillante progetto" degli strateghi americani destinato a creare il cosiddetto cordone sanitario - Mar Nero-Mar Baltico - che isoli la Russia dall'Europa.

Non sorprende così che gli Stati Uniti - in relazione a questa questione geopolitica - siano avidamente interessati all'ulteriore degrado della Bielorussia sulla scena internazionale. E' in questo contesto, quindi, che Minsk va alle elezioni di marzo che sono già, per il pragmatico Lukascenko, le vere "idi di marzo". Ma a lui arrivano anche forti manifestazioni di solidarietà ed aiuto politico da una Mosca che gli è sostanzialmente amica (non va mai dimenticato, in proposito, che per l'industria bielorussa, la Russia è anche il maggior fornitore del paese di petrolio e di gas ed il maggior consumatore dei prodotti dell'industria bielorussa) con personaggi della portata del sindaco di Mosca Luzkov e del governatore di Primorje, Nazdratenko. Il quale tempo fa dichiarò apertamente che sarebbe "contento di vedere Lukasenko a capo di una nuova comunità di slavi orientali che veda unite la Russia, l'Ucraina e la Bielorussia" affermando poi che si tratta di un leader che "fa molte cose buone per il popolo e conduce una giusta politica economica".

Non va poi dimenticato che a fornire un sostegno all'attuale Presidente di Minsk è Evghenij Primakov, figura di spicco della politica russa, ex premier ed ex ministro degli Esteri della Russia il quale - con tutta la forza della sua immagine sia a livello interno che internazionale - fa rilevare all'opinione pubblica (con un'intervista alla moscovita Argumenty i fakty) che Lukasenko è appoggiato dalla maggioranza della popolazione e gode di grande popolarità. “Non solo - aggiunge Primakov - ma anche l'economia di quel Paese non va male. Si sviluppano buoni rapporti con le regioni della Russia. Per quanto concerne poi il ruolo internazionale della Bielorussia Primakov precisa che Minsk è nell'Onu sin dal momento della sua formazione e che, quindi, è un paese che va rispettato anche per questo”. Insomma il Presidente bielorusso ha certamente avversari potenti, ma i suoi estimatori internazionali hanno peso e potere. Come del resto gode di popolarità notevole anche all’interno.

Una sorta di consenso popolare che si è andato trasformando in questi anni in un vero "plebiscito permanente", perché Lukasenko è riuscito a trasformare quella base popolare generalmente amorfa, in parte attiva contro le ambizioni di determinati gruppi oligarchici legati alle mafie russe e internazionali. Notevoli anche i suoi sforzi per adeguare il linguaggio alla realtà del Paese. Perché a differenza dell'opposizione che parla di inflazione, di stagnazione, di deficit finanziario, di budget, di emissione di moneta (cose incomprensibili per la gente semplice), Lukasenko lotta contro la disoccupazione, paga stipendi e pensioni rispettando le scadenze.

Restano ancora nell'ombra le forze religiose del Paese. Ma non ci dovrebbero essere grandi sorprese dal momento che gli ortodossi (dell'Est) sono l'80%. Una "opposizione" al potere attuale (filorusso ed ortodosso) potrebbe venire da Cattolici, Protestanti, Ebrei e Musulmani che arrivano, in percentuale, al 20%. Per Lukascenko, quindi, le "idi di marzo" (pur se con un po' di ritardo) non si presentano come un fatto negativo. Potrebbe uscire nuovamente vittorioso dalla consultazione - conservando la propria riconoscibile identità - e far così perdonare, a chi crede ancora nei valori della costruzione "sovietica", quel gesto che fu compiuto dal bielorusso Suskevic, il quale nel dicembre 1991 - insieme al russo Eltsin e all'ucraino Kravciuk - decise la fine dell'Unione Sovietica.

Lukascenko, in sostanza, torna a presentarsi sulla scena mondiale non come personaggio di facciata ma come vero e proprio esponente di un establishment sociale, politico e finanziario di un ex paese sovietico che vive, come tutti gli altri, la difficile, complessa, intricata fase di transizione. Ma si tratta, comunque, dell'unico paese, all'interno della Csi e dell'Europa orientale, che si è sempre schierato contro ogni tipo di aiuto ispirato a princìpi e idee occidentali. Battendosi per una sua originale via di sviluppo autonoma, capace di rispettare le tradizioni nazionali. Pur se tra tutti i paesi slavi orientali è proprio la Bielorussia il più povero economicamente. Si può dire, comunque, che è sulla sua testa che si giocano gli interessi degli Usa e della Russia.

Per ora agli attacchi di Bush il capo del Cremlino ha solo risposto con accenni di amicizia e, soprattutto, di "comprensione". Non va, infatti, dimenticato che per Mosca è sempre aperta la questione di quell'area russa schiacciata tra la Polonia e la Lituania: l'enclave strategica di Kaliningrad (Konigsberg) affacciata sul mar Baltico. In questa regione vivono molti bielorussi che sentono forte il legame alle tradizioni sovietiche. E a questi bielorussi che vivono in terra di Russia che si rivolge sempre Lukascenko - che quanto a nazionalismo non ha niente da invidiare ai grandi russi - sottolineando la forza dell'unità slava. Che tra un mese si misurerà nelle urne.
www.resistenze.org/sito/te/po/bi/pobi6b12.htm


www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 24-03-06

da Belarusian Telegraph Agency


Cuba e Bielorussia



Cuba considera Belarus un paese prospero e stabile

www.belta.by/en/news/politics?id=83834

22 marzo 2006


La leadership cubana considera Belarus un paese prospero e stabile che sta registrando una forte crescita in ambito economico e sociale, ha dichiarato ai giornalisti l’inviato speciale del governo della Repubblica di Cuba, vice-ministro degli esteri Eumelio Caballero Rodriguez, dopo i colloqui avuti con il ministro degli esteri bielorusso Serghey Martynov.



Secondo l’ospite cubano, “noi consideriamo la schiacciante vittoria di Aleksander Lukashenko alle elezioni non solo una vittoria del popolo Bielorusso, ma una nostra vittoria”.



Egli ha fatto rilevare che “Cuba e Belarus si trovano in condizioni simili: entrambi i paesi si sforzano di consolidare progressi politici, economici e sociali”.



Rispondendo ad una domanda sull’efficacia delle sanzioni economiche, Eumelio Caballero Rodriguez ha affermato: “ Cuba sta ormai vivendo da 40 anni sotto le sanzioni economiche. Esse non rappresentano solo un blocco, ma un’autentica guerra economica e finanziaria. In ogni caso, gli USA non sono stati in grado di impedire il nostro sviluppo persino quando hanno rafforzato il blocco nei primi anni ’90. Le sanzioni non hanno ottenuto lo scopo desiderato e il paese continua a seguire il proprio corso politico. Penso che la stesso succederà con Belarus”.


L’inviato del governo cubano: Belarus contribuirà al lavoro del Movimento dei Non Allineati

da www.belta.by/en/news/politics?id=83832



Belarus sta sperimentando con successo un proprio modello di sviluppo economico, sociale e umanitario, e, per questa ragione, darà indubbiamente un grande contributo al lavoro del Movimento dei Non Allineati. Lo ha dichiarato ai giornalisti l’inviato speciale del governo cubano, vice-ministro degli esteri Eumelio Caballero Rodriguez.



L’ospite cubano ha comunicato che la dirigenza del suo paese ha invitato il presidente di Belarus Aleksander Lukashenko a prendere parte al Vertice del Movimento dei Non Allineati che si terrà all’Avana il prossimo settembre.



Al momento il Movimento dei Non Allineati comprende 114 paesi di America Latina, Asia, Africa, Europa.



Le parti hanno posizioni comuni in merito alle principali questioni, e uniscono i loro sforzi per promuovere la pace sul pianeta, per regolare i conflitti, per rivendicare la non interferenza negli affari interni dei paesi, per coordinare le azioni nella lotta contro le nuove sfide e minacce – terrorismo, crimine organizzato, traffico di droga.



“Sono sicuro che la partecipazione di Aleksander Lukashenko sarà ben accolta non solo dal presidente di Cuba, ma dall’intero paese ed anche dagli stati del Movimento dei Non Allineati”, ha affermato il vice-ministro.



Eumelio Caballero Rodriguez si è detto soddisfatto dei colloqui di Minsk.



Parlando della visita del primo ministro di Belarus a Cuba quest’anno, l’inviato speciale della Repubblica di Cuba ha sottolineato che essa promuoverà la cooperazione tra i due paesi in ambito economico e commerciale e rafforzerà le relazioni di lunga data tra i due popoli.


Traduzione a cura del
Centro di Cultura e Documentazione Popolare
www.resistenze.org/sito/te/po/bi/pobi6c24.htm


Sulle elezioni del 2006:

www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 28-03-06

da http://www.comunisti-italiani.it/modules.p...rticle&sid=2072

Elezioni in Bielorussia


di Luigi Marino

21 marzo 2006

La Bielorussia di Lukashenko è da tempo sotto attacco mediatico da parte di molti paesi occidentali. Ed ancora oggi, sia prima che dopo queste elezioni presidenziali, i mass media non hanno esitato a demonizzare il Presidente uscente, definito come "ultimo dittatore dell'Europa dell'est", accusandolo di "gravi violazioni della libertà d'espressione e di altri diritti dell'uomo, nonché di arresti di oppositori ecc..". Precedentemente, nel settembre dello scorso anno organizzato dall'Assemblea Parlamentare della Nato, si è svolto a Vilnius in Lituania uno speciale "Seminario sulla Bielorussia" al quale avevano partecipato rappresentanti di partiti e gruppi di opposizione, di organizzazioni non governative e di associazioni che in vario modo raccolgono il dissenso nei confronti della politica del Presidente Lukashenko e che hanno richiesto a tal fine sostegni politici e finanziari, nonché più efficienti mezzi di comunicazione anche dall'esterno del Paese. Tutto ciò per "promuovere la democrazia" in sintonia con la posizione ufficiale americana. Insomma ancora una volta è stata dispiegata per tempo e con adeguati supporti una campagna denigratoria nei confronti della Presidenza Lukashenko a scapito di un'analisi obiettiva della politica complessiva portata avanti in tutti questi anni.


La Bielorussia è uno Stato non nucleare, si è dichiarata contro la proliferazione delle armi, ha preso posizione ferma contro il terrorismo, pur dichiarandosi contro l'allargamento della Nato ha dato piena adesione alla "Partnership for Peace", è stata riammessa nell'OSCE, ha ottime ralazioni commerciali oltre che con la Russia anche con la Polonia e la Lituania, ecc. ed essendo un Paese di transito costituisce anche una piattaforma logistica verso il mercato russo. In politica interna la Bielorussia ha un'economia in crescita dal 1996, un debito quasi nullo, una disoccupazione all'1,4% ed ha conservato una elevata spesa sociale. In Bielorussia non si sono avute privatizzazioni selvagge, a differenza delle altre repubbliche ex sovietiche, per cui l'80% delle imprese sono restate pubbliche e nei settori privatizzati lo Stato si è riservato la "golden share". In base all'ultimo rapporto dell'ONU la Bielorussia fa parte dei paesi meno corrotti al mondo. La tranquillità sociale, l'assenza di forti conflitti e la stabilità economica sono dati indiscutibili e riconosciuti da tutti gli osservatori internazionali. Cresce l'economia, ma deve crescere certamente anche la democrazia, che non è mai troppa ovunque.

Perché allora questo accanimento, questa ostilità, se non livore contro la politica di Lukashenko? Forse perché la Bielorussia - contrariamente ad altri paesi ex socialisti - si è dichiarata contraria alla guerra in Iraq? perché non desidera far parte della Nato ed invece segue una linea politica di integrazione economica e commerciale con la Russia? Al di là di un discorso sui poteri presidenziali, che certamente non riguarda solo la Bielorussia, perché negare o sottovalutare la portata del consenso reale di cui gode Lukashenko, confermato anche in questa tornata elettorale?

L'adesione alla politica del Presidente è nel paese convinta da parte della stragrande maggioranza della popolazione, anche perché non vi sono candidati alternativi credibili e quelli che sono scesi in campo scimmiottano le tesi, come sono state esposte a Vilnius dai loro rappresentanti, quali il passaggio all'economia di mercato insieme a quelle sulle "necessarie privatizzazioni perché vengano attratti gli investitori stranieri" che incutono più che giustificati timori in un Paese in cui si è conservato un welfare di tipo sovietico. Vi è paura sì, ma per le politiche iperliberiste che hanno prodotto tante tragedie nei paesi ex socialisti, compresa la forzata emigrazione all'estero.

Non vi potevano essere sorprese nel voto per le presidenziali in Bielorussia nel senso che Lukashenko è stato riconfermato per la terza volta Presidente grazie anche alla modifica alla Costituzione approvata, ma non perché l'opposizione tanto sostenuta anche dall'esterno sia stata messa a tecere o non abbia ricevuto nessuno spazio per affrontare una competizione elettorale così ardua. Ancora una volta l'OSCE invece non ha ritenuto le elezioni conformi agli standard e si è espressa in maniera fortemente critica, mettendo in discussione non lo svolgimento o la regolarità delle elezioni, quanto gli stessi presupposti per una competizione tra i diversi candidati in termini di equità di trattamento. E qui con tutta chiarezza va detto che se i candidati avversari hanno avuto modo di apparire anche in TV e di illustrare, nei limiti di tempo fissati, i propri programmi, in una repubblica presidenziale ovviamente il Presidente in carica, per le funzioni e prerogative che esercita anche a livello internazionale, vi compare per ovvie ragioni quasi quotidianamente. Insomma la "par condicio" è lontana! Ed è chiaro che i candidati d'opposizione denuncino soprattutto tale deficit di democrazia, che impedisce, a loro avviso, il libero e paritario svolgimento della campagna ed il loro successo elettorale. Il Presidente uscente, dopo anni di governo di un paese che cresce non solo economicamente, non poteva non essere inevitabilmente più favorito rispetto a candidati che si sono presentati per la prima volta, che hanno rivendicato maggiore democrazia - e questo lo si capisce! - ma che hanno presentato soprattutto programmi quanto meno ambigui e non rassicuranti in relazione alle questioni economico-sociali ed alle scelte di politica internazionale. D'altra parte, malgrado gli impegni assunti a Vilnius, le opposizioni non sono riuscite né a concordare un chiaro programma comune, né a convergere su un unico candidato contro Lukashenko. Il risultato elettorale quindi non poteva che essere del tutto scontato ma non certamente per presunti brogli, manipolazioni e falsificazioni nei seggi.


Questo articolo è stato inviato da Partito dei Comunisti Italiani
www.comunisti-italiani.it/

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www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 16-05-06

da http://belaruspopular.blogspot.com/


La politica estera della Bielorussia




Estratto della versione spagnola di un articolo apparso in www.belarus-magazine.by, a commento di un recente incontro di Aleksandr Lukashenko con la stampa bielorussa ed estera



(…) Belarus intende dare continuità ad una politica estera pacifica multidirezionale, rafforzando le relazioni di buon vicinato con gli altri paesi. “Belarus non ha mai minacciato nessuno. Ma la sua indipendenza, i suoi interessi nazionali intendiamo difenderli con ogni mezzo civile”, - ha affermato Aleksandr Lukashenko. “Siamo preparati a un dialogo su basi paritarie con tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione Europea”, - ha segnalato il leader bielorusso. Allo stesso tempo, Aleksandr Lukashenko ha aggiunto che “intendiamo sviluppare le nostre relazioni con la direttiva dell’UE nel modo che viene richiesto. Ciò non dipende da noi. “Noi vorremmo che nell’Unione Europea si trattasse con attenzione e premura il popolo bielorusso e che in esso si vedesse un partner”, - ha segnalato il Presidente.

La ragione della pressione dell’Occidente contro il paese, a opinione di Aleksandr Lukashenko, sta nel fatto che Belarus si è trasformata in un ostacolo sulla strada della creazione di un mondo unipolare. “Le accuse contro Lukashenko si spiegano non con il fatto che egli è un dittatore o che non ha costruito tale sistema (sul modello degli altri paesi in cui i sistemi in generale coincidono con le norme “democratiche” nordamericane) - ha detto il Presidente. In realtà si tratta del fatto che Belarus ha infranto i progetti dell’arco Mar Baltico-Mar Nero-Caspio”.

Gli avversari del mondo multipolare vogliono separare la Russia dall’Europa. “Sebbene all’inizio della mia presidenza mi fosse stata proposta tale idea e avrebbero anche pagato per questo, noi non abbiamo voluto neanche un copeco”, - ha sottolineato Aleksandr Lukashenko. “Voi ricordate quella mia frase: “Io non baratto l’amicizia dei russi”. Ebbene, noi abbiamo rotto questa catena, non abbiamo permesso il completamento dell’arco”. Aleksandr Lukashenko ha pure voluto rimarcare che Belarus è orgogliosa delle proprie relazioni con Russia, Cina, India, i paesi del Medio Oriente…

Per quanto riguarda l’Europa, questa rappresenta il secondo partner per il volume dell’interscambio delle merci, di modo che parlare di isolamento della Belarus è ridicolo”, - ha detto il Capo dello Stato. Aleksandr Lukashenko ha in particolare segnalato le buone relazioni che si sono intessute tra Belarus e Cina. “Tra noi lo scambio di merci cresce in modo vertiginoso”, - ha sottolineato, aggiungendo che in una prospettiva non lontana il nostro paese ha intenzione di aumentare il volume dell’interscambio con la Cina fino a 2 miliardi di dollari. “Questa sarà una grande vittoria”, - ne è convinto il Presidente.

Il Capo dello Stato ha constatato l’assenza di problemi tra Belarus e Cina nel campo della politica e della diplomazia. “Abbiamo una posizione comune nell’arena internazionale, sentiamo sempre l’appoggio della Cina e, per parte nostra, rispondiamo allo stesso modo al popolo cinese e alla dirigenza di questo paese”, - ha aggiunto il leader bielorusso (…)



Traduzione dallo spagnolo a cura del

Centro di Cultura e Documentazione Popolare
www.resistenze.org/sito/te/po/bi/pobi6e16.htm


www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 07-07-06

I comunisti della Bielorussia


Nel nostro tentativo di sopperire agli evidenti vuoti informativi che caratterizzano gran parte della sinistra “alternativa” italiana in merito alle vicende dei paesi dell’ex URSS, proseguiamo nella pubblicazione di materiali che illustrano le linee politiche e l’attività delle forze comuniste di quelle realtà.

In questa occasione intendiamo proporre due contributi di Tatjana Golubieva, leader del P.C. di Belarus, che illustrano le attuali posizioni del partito sulle principali questioni di politica interna ed estera.
Cosa pensano i comunisti bielorussi della situazione nel loro paese?

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Intervento di T.G. Golubieva, Prima Segretaria del Partito Comunista di Belarus
mailto://[email protected]
inhttp://www.solidnet.ru
19 maggio 2006

E’ la traduzione di ampi stralci dell’intervento presentato dalla segretaria del Partito Comunista di Belarus, all’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai svoltosi ad Atene nel novembre 2005 (pochi mesi prima delle elezioni presidenziali che hanno visto la vittoria plebiscitaria di Lukashenko). Un contributo alla conoscenza dell’approccio adottato da questi compagni all’originale esperienza di governo che sta vivendo il loro paese, messa in pericolo dall’aggressività dell’imperialismo.

Il testo è stato tradotto in inglese per “Solidnet” dai compagni del Partito Comunista di Cuba.

Desidero, a nome del Partito Comunista di Belarus, esprimere un ringraziamento al Comitato Centrale del Partito Comunista di Grecia per l’invito e per aver organizzato un incontro che contribuirà ad unire i nostri partiti nella lotta contro le aspirazioni aggressive di alcuni Stati imperialisti che, da una posizione di forza militare, negli ultimi anni si sono arrogati il diritto di imporre ad altri Stati indipendenti e sovrani il modo in cui essi dovrebbero vivere e di dettare la loro politica interna ed estera.

Ecco come si comportano gli Stati Uniti d’America, cercando di instaurare un ordine unipolare dopo la disintegrazione dell’URSS. Dando ad intendere di volere democratizzare alcuni paesi, essi fanno cinicamente e spudoratamente uso della forza militare, organizzano guerre e sottopongono a sofferenze milioni di persone. E’ stato così quando gli USA hanno interferito negli affari interni della Jugoslavia, al tempo dei bombardamenti su questo paese. Ed ora, nel tormentato Iraq, dove le madri perdono i propri figli e dove muoiono centinaia di migliaia di civili iracheni.
L’amministrazione USA, spacciando tutto ciò per democratizzazione, manda i suoi soldati a morire nell’interesse dei monopoli petroliferi e militari, per aumentarne i favolosi profitti. Cresce la voracità degli imperialisti USA che sono già pronti ad utilizzare la forza contro altri stati. Essi minacciano economicamente e militarmente la Siria e l’Iran. E cercano di raggiungere i loro obiettivi tramite un accordo in sede ONU.

Gli Stati Uniti accusano il nostro paese di violare la democrazia ed hanno avanzato minacce dirette contro Belarus. E’ stato avviato un lavoro ideologico tra il popolo statunitense. L’idea che viene instillata è quella secondo cui tutto sta ad indicare che in Belarus non c’è democrazia e che, perciò, gli USA dovrebbero intervenire per aiutare l’opposizione bielorussa a deporre le autorità elette dal popolo e per imporci il loro modello di vita, indicandoci ciò che essi intendono per democrazia. Sono state assunte decisioni che costituiscono una minaccia per Belarus. Sono stati stanziati fondi per l’opposizione incaricata di promuovere la cosiddetta “rivoluzione arancione”, il cui obiettivo è quello di corrompere coloro che sono disposti a farsi comperare dal capitale occidentale. Con l’aiuto di questi finanziamenti stranieri pagati dai contribuenti, si cerca così di ingannare e confondere i cittadini di Belarus.

Il loro obiettivo è uno solo: creare le condizioni che permettano a oligarchi ricchi e super-ricchi di prendere possesso della proprietà statale.

Ma il popolo di Belarus non si farà ingannare. Esso è assolutamente pronto a difendere i propri diritti, a sostenere la politica di sviluppo economico-sociale di una forte e prospera Belarus adottata dal presidente della Repubblica di Belarus, Aleksandr Grigorevich Lukashenko. In Belarus ci troviamo di fronte ad una normale società democratica; i nostri cittadini godono degli stessi diritti democratici e delle libertà che esistono in altri paesi europei. E io mi rivolgo a voi, compagni, perché ci sosteniate e contribuiate a spiegare ciò che può disorientare i popoli d’Europa. Il nostro partito condivide ed appoggia la politica interna orientata socialmente condotta nel paese sotto la leadership del Presidente.

Questa politica e i suoi programmi di sviluppo economico-sociale coincidono per molti aspetti con il programma del nostro partito. Noi collaboriamo con le autorità ed appoggiamo la loro azione, dal momento che essa corrisponde alle aspirazioni dei lavoratori ed è intesa a migliorare le loro condizioni di vita.

Con orgoglio possiamo affermare che solo in Belarus sono state preservate molte delle conquiste del Grande Ottobre. In Belarus emerge la differenza rispetto agli altri paesi della CSI nell’ambito più importante, quello del livello di vita della popolazione. E ciò si manifesta in un paese che non riceve crediti o prestiti esteri, che è carente di materie prime proprie, che sono più care che in Russia, che deve per di più sostenere il peso della tragedia di Cernobyl, che assorbe all’incirca un quarto del bilancio statale.

La base di questo successo si trova in un’adeguata politica economica e sociale, sta nel non aver consentito una privatizzazione selvaggia e, entro limiti accettabili, nel regolamento statale dell’economia. Ciò ha assicurato il raggiungimento di una crescita rapida e sostenuta del Prodotto interno lordo, incomparabilmente più veloce di quella degli altri paesi della CSI e dell’Europa Orientale. Logicamente, il volume dei benefici materiali e morali che ne consegue alla società è anch’esso aumentato considerevolmente.

Crediamo che i nostri Partiti Comunisti dovrebbero essere informati più adeguatamente in merito allo stato delle cose nei nostri paesi, sostenendosi reciprocamente sul piano politico e smascherando le trame dei circoli imperialisti.

(…) Per i comunisti bielorussi è importante formulare un’analisi aggiornata della situazione del partito e dei cambiamenti che hanno corso nel paese, rinnovare i ranghi del partito e della sua leadership. E’ essenziale formare militanti e strutture radicate in ogni regione e città del paese. Del resto, questo è un problema comune a tutti i nostri partiti.

Riteniamo necessario elevare la consapevolezza teorica del partito, la sua idea di società e creare le condizioni perché ciò venga compreso e appoggiato dai diversi strati della popolazione e soprattutto dai giovani e perché migliori il clima psicologico in cui opera il partito.

Non è certo un segreto quanto, negli ultimi 15 anni, la televisione, la radio, diversi giornali e i partiti liberali si siano intensamente impegnati in una campagna anticomunista e antisovietica. Occorre onestamente riconoscere che sono stati in ampia misura capaci di gettare discredito sulle idee comuniste e socialiste tra il popolo. I partiti liberali di destra della Belarus, in particolare il Fronte Popolare di Belarus e il Partito Civico Unito, a cui si è aggregata la leadership del Partito dei Comunisti di Belarus, magnificano la democrazia occidentale e la vita paradisiaca dei paesi occidentali. E fanno ogni possibile sforzo per denigrare e distorcere la situazione in Belarus.

I nostri avversari, che non sono sostenuti dal popolo e non godono del suo rispetto, si prodigano per ottenere appoggi esterni, e perché si interferisca nei nostri affari interni. Affermano che i diritti civili e le libertà sono violate in Belarus, che da noi non c’è democrazia, e accusano il presidente della Repubblica di Belarus, A.G. Lukashenko, di tali crimini. E questo non risponde al vero.

E’ vero invece che essi intendono creare un’immagine negativa della Belarus e del suo presidente. Voglio ribadire che il nostro partito è preparato a fronteggiare qualsiasi pseudorivoluzione, sia “arancione” che “delle rose” o di qualsiasi altro colore, esportata e finanziata dagli Stati Uniti. E a tal fine è particolarmente importante il lavoro ideologico.

Voglio anche sottolineare che l’appello lanciato dai dissidenti all’Occidente perché imponga un blocco economico al nostro paese è destinato a non avere successo. L’opposizione e i suoi media non hanno e non avranno mai l’appoggio del popolo. Anche se, per raggiungere tale obiettivo, non esitano a strumentalizzare gli abusi e le violazioni dei diritti umani nell’URSS degli anni ’30 e ’40.

Come rispondiamo noi? Ci sforziamo di spiegare gli errori del passato e, allo stesso tempo, ricordiamo le grandi conquiste ottenute dal paese ai tempi del socialismo, nell’istruzione come nella scienza e nella cultura.

Riteniamo pure nostro compito il rafforzamento degli strumenti di informazione del partito e delle sue risorse organizzative.

Belarus, a differenza di altri paesi, mantiene la proprietà statale sulle più importanti imprese, sulle risorse naturali, sul sottosuolo e sulle terre coltivabili. Cito, tra gli altri, il lucroso settore petrolchimico e le più importanti fabbriche di automobili e trattori.

Le disposizioni legislative in merito alla privatizzazione della proprietà statale, così come la Legge sugli oggetti che devono essere mantenuti sotto il controllo dello Stato, impediscono a coloro che vogliono privatizzare di raggiungere i loro obiettivi. Il paese sta procedendo alle privatizzazioni in maniera restrittiva, senza accelerazioni e tenendo in considerazione il ruolo dei lavoratori.

In Belarus la maggior parte della proprietà del popolo rimane nelle mani dello Stato. I profitti che ne derivano vengono impiegati per risolvere i problemi sociali: l’assistenza medica gratuita, l’educazione, il welfare per i disabili, i pensionati e le famiglie numerose.

Ciò che abbiamo affermato non significa però che non abbiamo proprietà privata e un settore degli investimenti privati. In Belarus si assiste a un boom della piccola e media impresa. Recentemente, il Capo dello Stato ha emesso un decreto che migliora le condizioni per gli investimenti.

Ciò non significa affatto che il nostro partito abbia la strada spianata nel suo lavoro. Esistono problemi, seri problemi. Dobbiamo intensificare al massimo il lavoro per rafforzare i ranghi del partito e per aumentare la sua reputazione. Dobbiamo dimostrare di essere in grado di rispondere con i fatti ai problemi che investono il nostro popolo.

La nostra attività è indirizzata a rafforzare l’unità del popolo e l’educazione patriottica dei lavoratori. Il programma del partito deve tener conto della realtà dell’attuale livello di sviluppo della società. Il Partito Comunista di Belarus riconosce le varie forme di proprietà esistenti nell’economia, in conformità con la Costituzione della Repubblica di Belarus.

I membri del partito condividono i programmi di sviluppo economico e sociale di Belarus. Negli ultimi anni abbiamo raggiunto il più elevato Prodotto interno lordo tra i paesi della CSI. Abbiamo anche un surplus nel bilancio statale del nostro paese. Salari, pensioni e sussidi vengono regolarmente pagati e costantemente aumentati.

(…) Il Partito Comunista di Belarus, in quanto partito che difende e riflette gli interessi dei lavoratori salariati, è impegnato a svolgere lavoro ideologico tra il popolo lavoratore non solo nelle aziende del settore statale, ma anche nelle strutture non statali. Il suo obiettivo principale è rappresentato dal potere popolare, dal rafforzamento del sistema statale bielorusso e dalla costruzione di una società di giustizia sociale basata sui principi del collettivismo, della libertà e della giustizia.

Nel nostro paese nessuno perseguita i comunisti. Occupiamo buone posizioni nel Parlamento e tra i nostri deputati ci sono anche non appartenenti al partito.

Il Partito Comunista di Belarus è impegnato in una coalizione con organizzazioni sociali e con associazioni, la cui attività è improntata ad un orientamento di sinistra patriottica. Durante il referendum, le elezioni parlamentari e quelle per i Consigli locali, il partito ha appoggiato la politica del Capo di Stato indirizzata, fondamentalmente, a migliorare la vita dei cittadini (…)

Dalla rottura all’unità: verso il Partito Comunista Unificato di Bielorussia
www.civilizacionsocialista.blogspot.com
9 giugno 2006

E’ l’intervista concessa dalla segretaria del Partito Comunista di Belarus al giornale dei comunisti russi “Pravda”, tradotta per i compagni spagnoli di “Civilizacion Socialista” da Josafat S. Comin, in cui si forniscono chiarimenti sulla più recente storia del movimento comunista bielorusso, in vista dell’imminente congresso che darà vita al Partito Comunista Unificato di Bielorussia.


I membri del Partito Comunista di Bielorussia e del Partito dei Comunisti di Bielorussia (d’ora in avanti KPB e PKB, le sigle in russo) hanno creato un gruppo promotore per preparare e svolgere il loro congresso di unità, da cui scaturirà il Partito Comunista Unificato di Bielorussia, sulla base del KPB. Il corrispondente della “Pravda” a Minsk, Oleg Stepanenko, ha incontrato la leader del KPB, Tatjana Golubieva, a cui a chiesto come si sta sviluppando tale processo.

D. Tatjana Ghennadievna, la dichiarazione del gruppo promotore e la decisione del plenum del Comitato Centrale del KPB hanno avuto ampia ripercussione sociale e molto spazio nei media. La maggioranza dei politici e osservatori concorda sul fatto che l’attuale congiuntura esige la ricomposizione dell’unità del movimento comunista nella repubblica, nel minor tempo possibile.

R. Naturalmente, come risulta evidente dalla dichiarazione del gruppo promotore: “…non possiamo rimanere indifferenti di fronte a ciò che sta succedendo, permettere la divisione nelle file del partito più antico del nostro paese, sotto la cui direzione si sono poste le basi dell’identità dello stato bielorusso, si è sconfitto il fascismo, e si è costruita una società di giustizia sociale.”

Questa aspirazione a recuperare l’unità non è certo cosa recente. Era presente nei cuori dei comunistidurante tutti questi anni, in cui il nostro partito, a causa di una serie di condizioni oggettive e soggettive, si è trovato diviso.

D. Potrebbe ricordare che cosa ha provocato la rottura.

R. Dall’aprile 1993 nella repubblica era funzionante un solo partito comunista, ma i suoi leader, con Serghei Kaljakin in testa, decisero di stipulare un patto con i partiti radicali borghesi.

Firmando a nome dei comunisti una dichiarazione su azioni congiunte con i nazionalisti di destra del tipo Pozniak e Schushkevic (firmatario, insieme a Eltsin e all’ucraino Kravchuk, dell’intesa che ha sancito la dissoluzione dell’URSS, nota del traduttore), essi si sono avviati sulla strada della rinuncia ai principi fondamentali del marxismo-leninismo.

Le ambizioni personali, l’adulazione dell’Occidente, li hanno collocati nel campo della destra. Alcuni di questi leader si sono trasformati direttamente in vassalli dell’Occidente, la qual cosa è stata immediatamente approvata da coloro che hanno condotto e continuano a condurre una politica di pressione nei confronti della Bielorussia e della Russia, conosciuta anche come “Drang nach Osten”.

D. Nella risoluzione strategica dell’OSCE, adottata sulla base delle informazioni ricevute dal rappresentante di questa missione diplomatica a Minsk, il tedesco Hans-George Vick, viene previsto l’aiuto non solo ai partiti borghesi che lavorano attivamente a favore degli interessi occidentali, ma anche al partito comunista “dissidente”.

R. E’ così. La deriva verso destra e verso l’Occidente del partito comunista ha obbligato le forze sane del partito, nelle difficili condizioni attraversate dalla repubblica, a rompere con i sostenitori di Kaljakin e a riprendere l’attività del PKB esistente nel periodo sovietico.

Il tempo ha confermato l’opportunità di quella decisione.

Kaljakin è sempre più coinvolto nella collaborazione con l’Occidente, e impegnato nella lotta contro il suo paese e il suo popolo. Ha partecipato a conferenze anti-bielorusse organizzate dagli Stati Uniti e dalla NATO, si è recato a Washington per coordinare azioni congiunte. Ha illustrato cinicamente gli obiettivi di questi viaggi a fianco dei leader del Fronte Nazionale di Bielorussia e di altri partiti radical-borghesi: “viaggiamo perché comprendiamo che gli Stati Uniti sono interessati alla democratizzazione della Bielorussia”.

Negli ultimi tempi si è trovato alla guida del quartier generale elettorale di Milinkevic, il “promesso sposo” di Washington, proclamato candidato unico delle forze “democratiche” ansiose di attuare a Minsk una nuova rivoluzione “colorata”.

E’ chiaro che i comunisti non potevano accettare un tradimento così smaccato e molti hanno cominciato ad abbandonare le file del PKB.

Organizzazioni intere di tutte le regioni del paese sono passate al KPB. Non è un fenomeno recente e ciò che appare più importante: viene dalla base, dettato dalla vita stessa. In tal modo, il gruppo promotore ha saputo interpretare perfettamente il sentire dei comunisti.

E’ importante far notare che tra i membri che formano il gruppo ci sono figure eminenti e rispettate. Tra esse, vecchi dirigenti della repubblica e del partito dell’epoca sovietica come Alexander Axionov, Nikolai Dementey, Alexei Kamay, Vladimir Bedulya.

Nello stesso momento in cui comprendiamo che la riunificazione dei due partiti è una necessità urgente, dobbiamo comunque riconoscere che il processo non è così semplice come potrebbe apparire a prima vista.

D. Dove si incontrano le principali difficoltà?

R. In primo luogo bisogna riconoscere che il movimento comunista nella repubblica è indebolito. La rottura e il comportamento della direzione del PKB hanno intaccato la fiducia della gente nei confronti dei comunisti. I media hanno saputo approfittare della situazione, manipolando e deformando la realtà.

In secondo luogo, l’aperta opposizione al processo di unità da parte della direzione del PKB.

L’opinione della base, delle masse a costoro non interessa. Kaljakin ha dichiarato che la direzione del PKB non ha in programma nessuna riunificazione.

D. Però, in fin dei conti, non è lui che decide.

R. Non esistono differenze tra noi e i militanti di base del PKB e questo è l’essenziale. Tutti comprendiamo che nella situazione attuale, quando è in corso una guerra psicologica e informativa contro la Bielorussia, e non cessano i tentativi di pressione politica, i ricatti e le minacce contro il nostro paese, è necessaria una forza politica organizzata che aiuti la gente a fronteggiare coloro che cercano di distruggere il nostro modello di vita.

E’ proprio contro questo modello, contro i suoi fondamenti, contro la politica attuale che si muovono i leader del PKB. Accusano il KPB di tradire i principi comunisti, con il suo appoggio a questa politica e a Lukashenko.

E’ un’accusa assurda. Non ha alcuna logica. E’ proprio questa politica che ha consentito di risollevare un’economia rovinata dai “democratici”, di assicurare tempi di crescita quattro volte più alti di quelli dell’Unione Europea, e di aumentare di dieci volte il salario reale.

Una delle priorità dello Stato è rappresentata dal rispetto per il principio di giustizia sociale. Nonostante tutte le difficoltà oggettive, si è riusciti ad avere le pensioni e le borse di studio più alte tra i paesi della CSI. Il nostro è stato il primo governo nello spazio post-sovietico a dare dignità al salario minimo. L’obiettivo di tutta la strategia socio-politica e morale che il nostro presidente cerca di mettere in pratica, si riassume in una frase chiave che ha pronunciato recentemente nel discorso sullo stato della nazione: “non è l’elite, ma il popolo, e solo esso, che continua ad essere fonte di giustizia e rettitudine morale”. In generale, i punti fondamentali del nostro programma coincidono con le linee fondamentali della politica adottata in Bielorussia. Appoggiando la linea di Lukashenko, siamo stati e continuiamo ad essere comunisti.

D. Quando sarà celebrato il congresso?

R. E’ fissato per il 15 luglio. Siamo convinti che questa data entrerà nella storia della repubblica come il giorno della rinascita di una poderosa forza politica: il Partito Comunista Unificato di Bielorussia.


Traduzioni per www.resistenze.org a cura di Mauro Gemma
www.resistenze.org/sito/te/po/bi/pobi6g07-000408.htm


www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 22-09-06

Risultati di sviluppo socioeconomico della Bielorussia nel primo semestre 2006


23/08/2006

I risultati del funzionamento dell’economia nazionale bielorussa nel primo semestre del 2006 evidenziano il suo forte sviluppo e confermano l’efficienza del modello socioeconomico scelto.

Rispetto allo stesso periodo dell’anno 2005:
- il prodotto interno lordo è aumentato del 10,1%;
- la produzione industriale è accresciuta del 12,6%;
- la produzione agricola è incrementata del 6,9% (che è il tasso più alto tra quelli registrati nei paesi della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI));
- la produzione dei beni di largo consumo è aumentata dell’11%;
- la crescita degli investimenti fissi ha raggiunto il 136,9%, di cui nelle strutture produttive – il 144,2%;
- l’ammontare del commercio estero di beni e servizi è cresciuto del 31,7%, di cui le esportazioni del 23,5%;
- il tasso della disoccupazione (alla fine di giugno 2006) è stato pari all’1,5% della popolazione economicamente attiva – il livello più basso tra i Paesi della CSI e dei paesi dell’Est Europeo.
Secondo molti indicatori socioeconomici la Repubblica di Belarus si differenzia in modo assai vantaggioso da altri paesi della CSI ed i paesi in transizione in generale.
Secondo i dati del Comitato statistico della CSI la Bielorussia tra gli stati che fanno parte della CSI:
- ha uno dei più bassi tassi di inflazione (2,5% nel gennaio-aprile del 2006 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso). Questo indicatore ha raggiunto il 2,3% in Ucraina, 5,4% in Russia, 3,7% in Kazakhstan, 3,6% in Kyrgyzstan, 5,9% in Moldova, 6,2% in Tajikistan, 5,3% in Azerbaijan, 3,3% in Georgia, 3,1% in Armenia;
- insieme all’Ucraina ha i tassi più bassi della crescita mensile dei prezzi al consumo (0,6% nel gennaio-aprile 2006 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso);
- ha la più alta percentuale di collocamento al lavoro e la più bassa tensione al mercato di lavoro: nei mesi di gennaio - aprile 2006 in Bielorussia sono stati collocati al lavoro il 63% del totale dei disoccupati. In Kazakhstan questo indice è stato pari al 57,5%, in Ucraina – 55,6%, in Azerbaijan – 40,4%, in Kyrgyzstan – 38,4%, in Moldova – 31,2%, in Russia – 28,5%, in Armenia – 25,4%, in Tajikistan – 15,8%, in Georgia – 12%;
- all’esito dei primi quattro mesi dell’anno in corso la Bielorussia ha un tasso di crescita di investimenti fissi (137,2 %) tra i più elevati;

Secondo il rapporto dell’Ufficio regionale dell’ONU per i paesi dell’Europa e della CSI “Gli obiettivi nazionali di sviluppo del Millennio: piattaforma per l’azione” (giugno 2006), la Bielorussia:
- insieme alla Romania e l’Estonia ha raddoppiato, a partire dagli anni Novanta del Novecento, la spesa nella sanità, mentre per la quota di tale spesa nel pil tra tutti i paesi dell’Europa centro-orientale e della CSI viene dietro solo alla Repubblica Ceca, Slovacchia e Croazia;
- è l’unica tra i paesi della CSI ad assicurare al 100 % della popolazione l’accesso alle fonti d’acqua di qualita superiore;
- insieme a tali paesi dell’Europa centro-orientale come la Slovacchia, l’Ungheria e la Polonia viene caratterizzata come un paese in cui viene assicurato il più basso livello di disuguaglianza nei guadagni della popolazione;
- ha il più basso livello di povertà tra i paesi della CSI;
- fa parte dei paesi in cui praticamente tutti i bambini arrivano alla quinta nelle scuole medie (la caratteristiche analoghe secondo questo indicatore tra i paesi della CSI le ha solo la Russia);
- tra i paesi della CSI solo in Bielorussia ed in Russia ci sono più donne che uomini tra gli studenti universitari;
- ha la percentuale più alta delle donne alle posizioni dirigenziali tra i paesi della CSI (insieme all’Armenia).



Secondo i dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) nella Bielorussia viene registrato il più basso tasso della mortalità infantile tra i bambini di età inferiore a 1 anno nei paesi della CSI (13 per ogni 1000 neonati). Per l’Ucraina questo indice è pari a 15, Russia – 16, Azerbaijan – 75. Un analogo indicatore per i bambini di età superiore ad 1 anno è pari a 17 per ogni 1000 neonati nel nostro paese, mentre in Ucraina – 20, in Russia – 21, in Azerbaijan – 91.

Secondo il rapporto dell’ONU “World Drug Trends 2006”, le attivita svolte dalle forze dell’ordine bielorusse allo scopo di contrastare gli abusi e traffici illeciti delle sostanze stupefacenti e psicotrope sarebbe valutata come efficace e coerente. Il nostro paese fa continuamente parte del gruppo dei paesi che assicurano i più elevati livelli di sequestro di stupefacenti. Negli anni 1999 – 2004 la Bielorussia è stata un leader nella confisca di canapa, paglia di papavero ed eroina tra la maggior parte dei paesi della CSI e molti paesi europei, inclusi Austria, Islanda, Norvegia, Malta, Lettonia ecc.

Secondo i dati del rapporto annuale del Dipartimento di Stato degli USA (nella sezione dedicata alla tratta di persone nel periodo tra aprile 2005 e marzo 2006), la Bielorussia avrebbe raggiunto un progresso nella lotta con questo male. Viene particolarmente ribadito un approccio responsabile a questo problema da parte dei vertici del nostro paese e menzionata l’adozione, con un Decreto del Presidente della Repubblica, dei provvedimenti volti alla prevenzione di questo fenomeno.

In una rispettiva sezione dello stesso rapporto viene riconosciuta l’assenza dei problemi nell’are di lavoro minorile nella Bielorussia. Nel senso positivo viene rievocata l’adozione delle leggio e realizzazione pratica della politica del Governo per la protezione dei bambini dallo sfruttamento al posto di lavoro, incluso il divieto di lavoro forzato o obbligatorio.

Da Ambasciata della Repubblica di Belarus in Italia

* Materiali a cura del Comitato di solidarietà con la Repubblica di Belarus

www.resistenze.org/sito/te/po/bi/pobi6i22.htm
 
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